Giorgio Keller: 60 anni anni fa il nostro compianto Silvio Moser andò in Argentina a disputare l’allora celeberrima Temporada. Di che corsa si si trattava?
Nei mesi invernali, quando l’automobilismo europeo era in pausa, in Argentina si organizzava la Temporada per giovani piloti di Formula 3 e Junior. Come in Australia la Tasman Cup.
Silvio venne reclutato niente meno che da Juan Manuel Fangio, in giro per l’Europa a caccia di talenti per le gare del suo paese.
Esatto. Fangio istallò il suo ufficio a Milano per ingaggiare soprattutto italiani e da lì la voce si sparse fino a Lugano. Tentennò un po’su questo svizzerotto che parlava italiano con accento svizzero-tedesco (giunse in Ticino appena 7 anni prima), ma poi si convinse.
Moser soddisfò appieno le aspettative del pluri-titolato campione del mondo. Infatti vinse 4 gare su 4. Ci racconti.
Silvio fu l’unico a correre su una Brabham BT6 mentre tutti gli altri guidavano la Lotus. Fece segnare quattro pole position e vinse tutte le gare. Non ce ne fu per nessuno, né a Buenos Aires dove si corse due volte, né a Rosario, né a Cordoba. Queste ultime due cvompetizioni si svolsero lungo i viali costeggiati da platani e tra loro, un muro umano di spettatori. Scenari inimmaginabili.
Il pilota di Vaglio divenne una sorta di idolo per gli argentini. Sui giornali di Buenos Aires non si parlava che delle sue imprese.
Titoli a quattro colonne per cose mai viste in quel paese, e sì che con Froilan Gonzales l’Argentina festeggiò il primo vincitore in Ferrari di un Gran Premio (Silverstone 1952) e Fangio conquistò cinque titoli iridati. Ma il soprannome “manos de seda”, cioè mani di seta, lo diedero solo a Moser.
Fra i battuti dallo svizzero c’erano altri piloti europei.
Mi ricordo il bravo Karl Foitek di Zurigo che praticamente divenne il suo gregario, addirittura rinunciò a una corsa perprestare a Silvio un ingranaggio del cambio. Altri elvetici furono Habegger e Dörflinger, che andarono a podio.
Il pilota di Vaglio divenne una sorta di idolo per gli argentini. Sui giornali di Buenos Aires non si parlava che delle sue imprese.
Titoli a quattro colonne per cose mai viste in quel paese, e sì che con Froilan Gonzales l’Argentina festeggiò il primo vincitore in Ferrari di un Gran Premio (Silverstone 1952) e Fangio conquistò cinque titoli iridati. Ma il soprannome “manos de seda”, cioè mani di seta, lo diedero solo a Moser.
Fra i battuti dallo svizzero c’erano altri piloti europei.
Mi ricordo il bravo Karl Foitek di Zurigo che praticamente divenne il suo gregario, addirittura rinunciò a una corsa perprestare a Silvio un ingranaggio del cambio. Altri elvetici furono Habegger e Dörflinger, che andarono a podio.
L’eroe locale si chiamava Juan-Manuel Bordeu, un protetto di Fangio. E poi, tra i più blasonati italiani, Carlo Facetti, che oggi vive nel Luganese, sua sorella Rosadele, quindi Geki Russo, Gimax Franchi, Mario Casoni e addirittura Guglielmo Bellasi con cui Moser, nel 1970, costruì la monoposto di Formula 1.
Moser era dunque pronto al gran salto in formula 1. Che avverrà tre anni più tardi.
Moser era dunque pronto al gran salto in formula 1. Che avverrà tre anni più tardi.
L’esordio fu in Inghilterra nel ’67 grazie al mecenate Charles Vögele, ma in Olanda nel ’68 Moser finì quinto e ottenne due punti per il Mondiale. Da pilota privato e con budget da quattro soldi in tasca! Tutti fecero grandi occhi ma il Silvio era così. Non sembrava essere nessuno, ma aveva un gran piede ed era tenace.
Perché Moser non riuscì a sfondare in formula 1?
Non ebbe la fortuna di essere ingaggiato da una scuderia di grido ma va anche detto che dal punto di vista caratteriale aveva le sue idee e non voleva farsi dire niente da nessuno. Rinunciò a un volante ufficiale dell’italiana Tecno poiché voleva l’inglese Lotus. E alla Tecno raccomandò l’amico Regazzoni, col seguito che conosciamo. Forse poteva compiere il balzo nel 1974 con le Brabham F1 del Team Finotto, ma ebbe l’incidente di Monza nella 1000 Kkm. E morì un mese dopo.
Quale eredità ha lasciato questo pilota?
Un po’ come quella di Jo Siffert. Di poter raggiungere obiettivi lontani con pochi mezzi ma molta, molta caparbietà.
Lei ci ha pure scritto un libro.
Nel 2012 mi contattò il suo amico, meccanico e braccio de-stro Beat Schenker dicendomi se non potessi scrivere qualcosa nel 2014 in ricordo di questa Temporada e della sua morte del ’74. Ebbi l’idea di un’esposizione con tutte le sue auto, conoscendone tutti i proprietari, che poi si realizzò. Addirittura giunse dall’Inghilterra la primissima monoposto di Silvio, una Lotus 20 FJ, che la famiglia Moser comprò sul posto. Indi uscì il libro che composi con altri due suoi amici di una volta, nel quale alla Temporada del ’74 è dedicato un grande ed esaustivo capitolo. 300 pagine di racconti di chi lo conosceva, tra cui uno dei suoi avversari più prestigiosi, Sir John Young “Jackie“ Stewart , che dopo due contatti mi richiamò e nel suo racconto mi disse: “Mi ricordo che nel 1964 avevo solo due avversari, un francese e uno small Swiss one, un minuto elvetico”. Dal pulpito di un tre volte campione del mondo.
MDD
Perché Moser non riuscì a sfondare in formula 1?
Non ebbe la fortuna di essere ingaggiato da una scuderia di grido ma va anche detto che dal punto di vista caratteriale aveva le sue idee e non voleva farsi dire niente da nessuno. Rinunciò a un volante ufficiale dell’italiana Tecno poiché voleva l’inglese Lotus. E alla Tecno raccomandò l’amico Regazzoni, col seguito che conosciamo. Forse poteva compiere il balzo nel 1974 con le Brabham F1 del Team Finotto, ma ebbe l’incidente di Monza nella 1000 Kkm. E morì un mese dopo.
Quale eredità ha lasciato questo pilota?
Un po’ come quella di Jo Siffert. Di poter raggiungere obiettivi lontani con pochi mezzi ma molta, molta caparbietà.
Lei ci ha pure scritto un libro.
Nel 2012 mi contattò il suo amico, meccanico e braccio de-stro Beat Schenker dicendomi se non potessi scrivere qualcosa nel 2014 in ricordo di questa Temporada e della sua morte del ’74. Ebbi l’idea di un’esposizione con tutte le sue auto, conoscendone tutti i proprietari, che poi si realizzò. Addirittura giunse dall’Inghilterra la primissima monoposto di Silvio, una Lotus 20 FJ, che la famiglia Moser comprò sul posto. Indi uscì il libro che composi con altri due suoi amici di una volta, nel quale alla Temporada del ’74 è dedicato un grande ed esaustivo capitolo. 300 pagine di racconti di chi lo conosceva, tra cui uno dei suoi avversari più prestigiosi, Sir John Young “Jackie“ Stewart , che dopo due contatti mi richiamò e nel suo racconto mi disse: “Mi ricordo che nel 1964 avevo solo due avversari, un francese e uno small Swiss one, un minuto elvetico”. Dal pulpito di un tre volte campione del mondo.
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