Un paio di settimane fa il sito di informazione francese Riposte Laïque, fondato nel 2007 da Pierre Cassen soprattutto per difendere la laicità della Francia di fronte all’avanzata dell’islamizzazione, aveva lanciato un appello allo scopo di trovare entro un mese una somma di 100'000 euri miranti a salvare l’esistenza del sito, che in Francia è il più agguerrito “lanciatore d’allarme” contro i pericoli dell’islamizzazione e contro l’islam. Tale importo servirebbe a far fronte ai presumibili costi di una quindicina di processi intentati per i motivi più banali contro il sito dai suoi numerosi nemici, nell’ intento di “dissanguarlo” finanziariamente.
Raccogliendo l’appello lanciato dall’amico Pierre Cassen, negli scorsi giorni avevo organizzato fra alcuni amici ticinesi, una colletta che ha fruttato complessivamente 10'000 euri. Grazie a questa somma mancano ora “solo” circa 31'000 euri da raccogliere entro due settimane. Dando seguito a una cortese richiesta di Cassen, ho scritto un articolo per spiegare perché un gruppetto di Svizzeri ha deciso di partecipare al salvataggio di un sito francese. L’articolo, in lingua francese, è stato pubblicato – con un commento finale di Cassen - nell’edizione del 9 aprile di Riposte Laïque (https://ripostelaique.com/avec-des-amis-suisses-jai-reuni-10-000-euros-pour-sauver-riposte-laique.html ). Qui di seguito ripropongo per gli interessati la versione in italiano dell’articolo, dove spiego perché l’attività di Riposte Laïque è importante pure per la Svizzera, visto che siamo tutti sulla stessa barca. Chi volesse partecipare al salvataggio del sito francese lo può fare versando un contributo entro la fine di aprile sul conto paypal del sito (https://www.paypal.com/donate/?hosted_button_id=B724XM62LAYJW) con l’indicazione “Pour sauver Riposte Laïque.
Ho una buona notizia per la redazione di Riposte Laïque. Nei prossimi giorni verserò al cassiere di questo sito una somma di 10'000 euri quale piccolo contributo per far fronte alla persecuzione giudiziaria di cui sono vittime. E’ questo il frutto di una colletta che ho organizzato fra alcuni amici del Canton Ticino che, come me, sono molto preoccupati per la sempre più irreversibile colonizzazione islamica dell’Europa effettuata per via demografica e favorita da un’élite politica e mediatica corrotta, codarda e sottomessa all’islam.
Con questo gesto spero di dare il buon esempio ai numerosi miei concittadini svizzeri che negli ultimi 20 anni hanno avuto modo di apprezzare la controinformazione fatta da Riposte Laïque e le coraggiose battaglie in prima linea combattute da Pierre Cassen e dall’indomabile Christine Tasin. E spero che anche le decine di migliaia di francesi che ogni giorno leggono i sempre interessanti articoli pubblicati sul sito e guardano i video con i pungenti commenti di Pierre (il cui humour è poco apprezzato dai giudici…), facciano il possibile per salvare Riposte Laïque.
“Allons enfants de la Patrie, le jour de gloire est arrivé!”: è il momento di scendere in campo a favore della libertà di espressione sempre più minacciata nel paese di Voltaire (ne sanno qualcosa anche il programma televisivo CNews e il presidente di Reconquête , Eric Zemmour…) e contro i nuovi fascisti, ossia gli islamogauchistes, che sempre più spesso fanno ricorso alla violenza per mettere a tacere i patrioti.
Perché io, uno Svizzero, sostengo Riposte Laïque
Qualcuno si chiederà perché io, uno Svizzero che abita in un Cantone poco islamizzato (con circa 9'000 musulmani su 350'000 abitanti), ho così a cuore la sopravvivenza di un sito di informazione francese che si occupa prevalentemente di islam. Se avete un po’ di pazienza ve lo spiego nelle righe che seguono
Ho cominciato a interessarmi di islam dopo l’attentato alle torri gemelle di New York, sulle quali ero salito pochi mesi prima. Per alcuni anni, prima di passare all’azione, mi sono limitato a leggere e a informarmi. Come miei “maestri” ho avuto in Italia Oriana Fallaci, l’ex-musulmano italo-egiziano Magdi Allam e il gesuita egiziano Samir Khalil Samir, e in Svizzera la giornalista ginevrina Mireille Vallette (fondatrice e per qualche anno presidente dell’Association Suisse Vigilance Islam) e il dr. Sami Aldeeb, un palestinese cristiano grande esperto di islam.
Poi ho cominciato a interessarmi della situazione in Francia, un paese che avevo imparato ad amare nel corso di numerosi viaggi effettuati all’inizio degli anni ’80. Mi sono accorto, con grande tristezza, che questo magnifico paese non era più quello che avevo conosciuto, ma assomigliava sempre più a un paese islamico, pieno di moschee, preghiere in strada, cucina halal, donne velate e uomini barbuti con la djellaba.
Nel 2004 avevo letto il rapporto di Jean-Pierre Obin intitolato “Les signes et manifestations d’appartenance religieuse dans les établissements scolaires”, e nel 2005 avevo letto il rapporto di Eric Denécé intitolato “Le développement de l’islam fondamentaliste en France: aspects sécuritaires, économiques et sociaux”. La lettura di questi due rapporti (che per la loro importanza avevo deciso di pubblicare sul mio sito www.ilguastafeste.ch) contribuì a farmi aprire gli occhi sulle strategie utilizzate dagli islamisti per islamizzare un paese. E così capii che ciò che stava capitando in Francia prima o poi sarebbe successo anche in altri paesi europei e pure in Svizzera.
Ho trovato il coraggio di combattere grazie a Pierre Cassen
Ecco perché ho cominciato a seguire più da vicino quanto stava succedendo in Francia. Non credevo ai miei occhi nel vedere come il popolo che aveva cambiato la storia europea con l’Illuminismo e la Rivoluzione francese, che aveva instaurato i principi di uguaglianza, libertà e giustizia sociale e che aveva portato la civilizzazione in molti paesi, si facesse invadere senza quasi reagire da milioni di seguaci di un’ideologia religiosa totalitaria, violenta, oscurantista, razzista e retrograda. Sono così venuto a conoscenza delle battaglie contro l’islamizzazione fatte da Pierre Cassen, che è diventato ben presto il mio mito. Ho ammirato la sua abilità oratoria, il suo coraggio, la sua determinazione. Grazie a lui e grazie agli articoli pubblicati a partire dal 2007 su Riposte Laïque ho perfezionato le mie conoscenze sull’islam.
Il coraggio di Pierre è stato così contagioso che a un certo punto anch’io ho deciso che dovevo fare qualcosa di concreto per contrastare l’islamizzazione del mio paese. Così, ad esempio, ho lanciato delle petizioni miranti a vietare l’uso del velo nelle scuole pubbliche, o a vietare le preghiere rituali islamiche negli spazi pubblici, o a dichiarare fuorilegge i movimenti islamisti (come ad esempio quello dei Fratelli Musulmani) e far chiudere le loro moschee. Ma queste petizioni vennero bocciate dagli organi politici competenti, che, in Svizzera come altrove, anziché praticare una politica di tolleranza zero verso gli islamisti, hanno deliberatamente e colpevolmente ignorato il loro sviluppo, per interesse, o per ignoranza o per codardia.
Il divieto del velo integrale in Svizzera sul modello francese
Nel 2010 il Parlamento francese approvò una legge mirante a vietare soprattutto l’utilizzo del velo integrale in pubblico. Sfruttando le possibilità offerte in Svizzera dalla democrazia diretta, nel 2011 lanciai un’iniziativa popolare che, sul modello della legge francese, chiedeva di inserire nella Costituzione del Canton Ticino il divieto di dissimulare il volto in pubblico. L’iniziativa venne approvata nel settembre del 2013 dal 65,4% dei ticinesi e il divieto entrò in vigore nel 2016. Fu quella la mia principale vittoria politica contro l’islamizzazione. Una vittoria che in Svizzera fece poi scuola a livello nazionale.
Difatti nel 2016 il Comitato di Egerkingen, lo stesso che alcuni anni prima aveva lanciato con successo l’iniziativa popolare che vietava la costruzione di minareti in Svizzera, decise di lanciare un’iniziativa popolare per inserire nella Costituzione svizzera il divieto di dissimulare il volto in pubblico. L’iniziativa, del cui comitato venni chiamato a far parte, fu approvata nel 2021 dal Popolo e dai Cantoni contro il parere del Governo e del Parlamento nazionale. Senza Riposte Laïque, mia fonte principale di ispirazione e di informazione su quanto avveniva in Francia, e senza Pierre Cassen, mio modello da imitare, non so se avrei lanciato questa storica battaglia.
Ecco perché, in segno di riconoscenza e nell’interesse della Svizzera, ho ritenuto che fosse mio dovere fare qualcosa per impedire che la voce critica di Riposte Laïque venisse spenta da una strumentale e scandalosa persecuzione giudiziaria e politica, degna di un regime totalitario. E’ il mondo che va alla rovescia: si punisce chi denuncia l’incompatibilità dell’islam con la nostra civiltà e la nostra democrazia, anziché semmai dar loro una medaglia.
I media contro la libertà di espressione
Purtroppo – lo dico da giornalista – anche i rappresentanti dell’informazione, tirandosi la zappa sui piedi, sono in gran parte vergognosamente schierati, a livello europeo, a favore di chi vuol mettere la museruola alla libertà di espressione e contro chi – come Riposte Laïque e pochi altri - cerca di mettere in guardia le popolazioni europee sul triste destino che le attende quando questo continente sarà governato dagli ayatollah e dai talebani.
Come reazione alle stupide censure e alla disinformazione dei media mainstream, nel 2018 ho creato un premio internazionale denominato “Swiss Stop Islamization Award” con il quale ogni anno ricompenso tre personaggi che si sono distinti nel denunciare i pericoli legati all’islamizzazione e alla crescente radicalizzazione dei musulmani, e che spesso sono boicottati dai media perché considerati “politicamente scorretti” e di “estrema destra”. Finora a ricevere questo riconoscimento sono stati in 22, e fra di loro Eric Zemmour e Pierre Cassen (nel 2022) e Christine Tasin (nel 2023). Non è dunque da oggi che sostengo questi eroi dei nostri tempi.
“Sono islamofobo, e fiero di esserlo”
C’è chi, nell’intento di delegittimare e zittire i critici dell’islam e gli avversari dell’islamizzazione, sostiene che essi sono degli islamofobi, dando strumentalmente a questa parola il significato di “razzisti” e istigatori all’odio contro i musulmani. In realtà l’islamofobia, nel suo senso etimologico, non significa odiare i musulmani come persone ma significa aver paura (in greco “phobos” = paura) dell’islam come religione, e ciò non ha nulla a che vedere con il razzismo. Come ha scritto il grande esperto di islam, Sami Aldeeb, si possono amare i tedeschi senza amare il nazismo, gli italiani ma non il fascismo, i musulmani ma non l’islam.
Si ha il diritto di aver paura di un’ideologia o di una pratica, se tale paura è motivata. Ma in nessun modo si possono accettare delle norme e delle pratiche, come quelle in vigore da 1400 anni nell’islam, che sono contrarie ai diritti dell’uomo e alla dignità umana (come ad esempio il divieto di cambiare religione pena la morte, l’ineguaglianza fra uomo e donna, il divieto per le donne musulmane di sposare dei non musulmani, la lapidazione come pena per gli adulteri, l’obbligo di digiunare durante il Ramadan e di effettuare ogni giorno le cinque preghiere rituali, eccetera).
“E allora – si chiedeva Aldeeb in un suo scritto pubblicato il 24 luglio 2011 sul suo sito “Savoir ou se faire avoir”- devo forse considerarmi islamofobo perché rifiuto queste norme e queste pratiche ?”. Ecco la sua risposta, che personalmente condivido, a questo interrogativo e sulla quale molti giudici, politici e giornalisti dovrebbero riflettere: "Sì, sono un islamofobo e fiero di esserlo. Coloro che di fronte a carte norme e pratiche non sono islamofobi sono degli ignoranti, dei ciechi, degli sprovveduti, degli ingenui, degli utili idioti, dei cripto-islamisti, dei venduti o delle persone senza principi morali che girano con il vento come banderuole. Queste sono le varie categorie in cui possono essere classificati coloro che accusano gli altri di islamofobia senza comprenderne il significato o la portata".
E adesso, una mano sul cuore e una nel portamonete per salvare Riposte Laïque!
Giorgio Ghiringhelli