Sport, 30 aprile 2024

“Fu un pilota straordinario. L’uomo? Non era perfetto”

Formula 1: a 30 anni dalla morte del grande Ayrton Senna nel GP di San Marino, l’ex giornalista della Gazzetta Pino Allievi racconta le gesta del brasiliano

LUGANO - Pino Allievi è stato per tanti anni la prima firma dell’automobilismo de La Gazzetta dello Sport. Autorevole, competente e senza peli sullalingua, ha raccontato le vicende di grandi campioni quali Niki Lauda, James Hunt, Clay Regazzoni, Gilles Villeneuve, Mario Andretti, Michael Schumacher, Alain Prost, Mika Hakkinen, Lewis Hamilton e naturalmente Ayrton Senna, conosciuto ai tempi del suo debutto nel Mondiale di formula 1 (nel 1984). E proprio a 30 anni dalla scomparsa del brasiliano, avvenuta ad Imola il primo maggio 1994, oggi con il giornalista italiano proviamo a spiegare l’Ayrton pilota e l’Ayrton uomo. 


Pino Allievi: chi era Senna?
Ayrton era una persona fondamentalmente sola, chiusa nel suo ego e nella sua convinzione che vincere fosse tutto. Era anche un uomo impenetrabile, controverso e pure divertente. Nonostante conoscesse un sacco di persone, non aveva amici veri. Se non quelli fuori dall’ ambiente della formula 1. Ayrton era un pilota diverso da tutti gli altri. Direi cerebrale e filosofico nel modo di intendere le gare.


Che cosa ha portato al mondo della formula 1?
La sua spiritualità, a volte esagerata, ed una professionalità quasi maniacale. Viveva per questo, il successo per lui era quasi un obbligo. Possiamo dire e affermare che vincere era la sua unica ragione di vita. Lui odiava perdere e a volte proprio per questo motivo si è lasciato andare ad atteggiamenti sospetti e pure antipatici. Ne citerei uno: Giappone 1990. Al primo giro provocò il contatto con Alain Prost e vinse il suo secondo Mondiale.


Tutti parlano di Senna eroe e Senna idolo.
Lo hanno detto o scritto coloro che non lo hanno conosciuto a fondo o coloro che lo hanno riempito solo di elogi per un tornaconto personale… Oggi tutti scrivono libri sul brasiliano o si professano amici suoi, in realtà Ayrton era amico solo di Ayrton. E credo che in un mondo così difficile e perverso come la formula 1 non sia un caso isolato. Senna era un ragazzo dotato di una intelligenza straordinaria e di una capacità analitica come pochi.


Non era dunque un uomo perfetto.
Tutti pensano che fosse il pilota perfetto, uno che non sbaglia. Un eroe? Non credo. Imola lo ha reso eterno. Ma penso che sarebbe ingiusto attribuirgli questa parola. Senna era un grande pilota, forse il migliore degli ultimi 50 anni. Ma gli eroi, secondo me, sono altri, sono coloro che soffrono e lottano per degli ideali. Lui ha lottato per vincere, e con grande dedizione e passione. Ma ciò non lo rende un eroe.


Ha combattuto contro i poteri forti della formula 1.
Lui poteva, perché si chiamava Senna. A volte ci ha azzeccato, a volte no. Quando nel 1989 fu squalificato dopo l’ incidente in Giappone con Prost, attaccò Balestre, presidente della FIA, perché avrebbe regalato la vittoria al suo connazionale Alain Prost. In realtà non fu così. E sa una cosa? Senna non ha mai riconosciuto il valore del suo rivale francese: non lo fece, insomma, con chi riuscì a batterlo in pista. E in alcuni casi andrò sopra le righe, prendendo per il collo Irvine e Mansell. Anche Schumi, ancora giovanissimo, rischiò grosso.


La sua antipatia per il connazionale Nelson Piquet era nota.
E fu reciproca. I due proprio non si prendevano. A Nelson non accettò mai che un altro pilota brasiliano potesse emularlo e batterlo: Ayrton non sopportava il modo di essere e di porsi del pilota carioca. Ma sedovessi scegliere fra i due, preferisco Senna.


Il suo rivale Nelson Piquet era sostanzialmente un rancoroso .
Lei un giorno definì Senna una persona adorabile Succedeva quando vinceva o nei periodi di pausa fra un gran premio o l’ altro. Con lui ebbi un ottimo rapporto. Non posso dire di essergli stato amico, ma fra di noi ci fu sempre stima reciproca. Quando lo intervistavo poi avevo sempre l’impressione che era lui a fare le domande. Era unico.


Imola 1994: la fine di un mito.
Fu una dei giorni più brutti della mia vita. Credo che quella tragica fine, Ayrton la sentisse dentro da almeno un paio di settimane. Poco conta che sia morto a causa dal braccetto di una sospensione finita nel suo casco. Senna era già oltre con la testa, in un’altra dimensione. Quando scese in pista per la gara sembrava avesse capito che quel giorno sarebbe stato funesto.

M.A.

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