Due sorelle cinquantenni residenti nel canton Vaud saranno processate il 7 maggio dal Tribunale penale federale a Bellinzona. Le due sono accusate di aver pianificato un attacco contro le Nazioni Unite (ONU) a Ginevra, ha rivelato martedì mattina l'emittente RTS.
Le due sorelle, insieme al figlio minore di una di loro, si erano unite ai campi dello Stato islamico in Siria. È stato lì, tra febbraio e fine marzo 2015, che le due donne hanno iniziato a pianificare il loro attacco. E questo, solo un mese dopo gli attentati contro Charlie Hebdo e Hyper Kosher a Parigi.
I tre avevano già tentato nel novembre 2014 di entrare in Siria, ma nonostante i contatti del figlio, all'epoca 16enne, non erano riusciti ad attraversare il confine turco, precisa RTS. Da notare che le informazioni a disposizione del giovane provenivano da un compagno jihadista: un giovane residente nel canton Ginevra, che qualche anno dopo sarebbe stato condannato dalla giustizia svizzera.
Nel febbraio 2015 riuscì infine ad unirsi allo Stato Islamico per poi chiedere di andarsene tre giorni dopo. Accusati poi di spionaggio da parte dell'organizzazione islamista, la zia, la madre e il figlio sono rimasti un altro mese per essere interrogati. Fu durante questo periodo che le due donne resero noto il loro piano di “far esplodere l’ONU” ad una donna francese che aveva fatto anche lei il viaggio.
Quest'ultima verrà arrestata e interrogata dalla polizia francese al suo ritorno. Lei rivela che le donne svizzere “sembravano davvero motivate a commettere un attentato in Svizzera, ma non hanno indicato né le modalità dell'operazione né la data”, nota RTS. Le due sorelle negano di aver pianificato un attentato.
Il Ministero pubblico federale accusa la madre anche di aver versato quasi 6'400 franchi allo Stato Islamico dopo essere rientrata in Svizzera. Le due donne hanno già trascorso due mesi in prigione ma si presenteranno libere al processo il 7 maggio.
Saranno giudicate per violazione della legge federale che vieta i gruppi Al-Qaeda e Stato islamico e rischieranno fino a cinque anni di prigione oltre all'espulsione dal territorio svizzero per la madre, che non è cittadina svizzera. Il figlio è già stato condannato per aver voluto difendere il jihadismo da minorenne.