PARIGI (Francia) – Nella giornata di oggi inizierà il torneo di boxe femminile della categoria 66 kg e sul match che metterà di fronte l’italiana Angela Carini all’algerina Imane Khelif si sono già accesi i riflettori, a causa della situazione in cui si trova la stessa atleta nordafricana – insieme a un’altra pugile, la taiwanese Lin Yu-tin – che è stata ammessa alle Olimpiadi di Parigi, dopo che era stata escluda dai Mondiali dello scorso anno per aver fallito il test ormonale, quello che in gergo viene definito “verifica del sesso”.
“È scioccante che sia stato loro permesso di arrivare fin qui, cosa sta succedendo?”, ha detto l’ex campione del mondo, Barry McGuigan, commentando la decisione del CIO. Stesso tono usato anche dalla messicana Brianda Tamara, che contro l’algerina aveva combattuto un anno fa e aveva così commentato la decisione di estrometterla dal torneo: “I suoi colpi mi hanno fatto molto male, non credo di essermi mai sentita così nei miei 13 anni da pugile, nemmeno combattendo contro sparring partner uomini”.
In effetti ci sarebbe da chiedersi come sia possibile che la Khelif sia idonea per combattere alle Olimpiadi e non lo sia stata per i Mondiali. La risposta sta nel fatto che il Mondiale era sotto l’egida della IBA (International Boxing Association), il cui presidente, Umar Kremlev, citò l’esito dei riscontri del DNA e spiegò che sia l’algerina che la taiwanese “avevano cromosomi XY e per questo erano state estromesse dagli eventi sportivi per garantire integrità ed equità della competizione”.
E alle Olimpiadi? A Parigi il sistema di valutazione è stato gestito da Paris 2024 Boxing Unit del CIO che ha regole meno rigide e che spinge verso l’inclusività: non viene più verificato il sesso.
“Tutti gli atleti che partecipano al torneo di pugilato dei Giochi olimpici di Parigi 2024 rispettano le norme di ammissibilità e di iscrizione alla competizione, nonché tutte le norme mediche applicabili in conformità con le regole 1.4 e 3.1 dell’Unità di pugilato di Parigi 2024”, ha spiegato il CIO che ha specificato anche che il regolamento in atto è lo stesso adottato per Tokyo 2020 con alcune modifiche per “limitare l’impatto sulla preparazione degli atleti e garantire la continuità tra le edizioni dei Giochi Olimpici”. Insomma, solo dinanzi a evidenze scientifiche che dimostrino con certezza che si possa creare una condizione squilibrata di vantaggio e/o svantaggio un’atleta può non essere considerata idonea a partecipare…