Sport, 20 settembre 2024

Calisto Tanzi, l’imprenditore che creò e distrusse il Parma

Crac della Parmalat: in carcere per bancarotta fraudolenta (14 miliardi di euro)

LUGANO - Colpito da una grave infezione polmonare, il primo gennaio 2022 Calisto Tanzi moriva in un ospedale di Parma. Le sue condizioni erano precarie da tempo. Aveva 83 anni. Con lui se ne andava uno dei personaggi più controversi e discussi del mondo dell’imprenditoria e dello sport italiano, un dirigente che aveva costruito quasi dal nulla il suo impero (la Parmalat), aveva portato il Parma, la squadra di calcio della sua città, ad altissimi livelli ma che nel volgere di pochi anni aveva distrutto tutto ciò con una serie di azioni illegali che avevano portato sul lastrico oltre 80 mila risparmiatori. Tanzi era diplomato in ragioneria ed aveva interrotto gli studi alla morte del padre per rimpiazzarlo nella direzione di una piccola azienda di salumi. “Niente di trascendentale ma base importante di partenza”, disse in una intervista rilasciata a 'Repubblica' pochi giorni dopo la sua nomina di Cavaliere del lavoro nel 1984 (onoreficenza che gli verrà tolta dal presidente Giorgio Napolitano).


L’imprenditore, grazie anche spericolate transazioni finanziarie, iniziò così ad investire somme ingenti per sponsorizzazioni sportive e restauri. La sua azienda divenne presto una multinazionale molto famosa con oltre 130 stabilimenti in tutto il mondo. Anche in Brasile, paese in cui divenne anche proprietario del Palmeiras, società che nei primi Anni Novanta vinse tutto. In quel periodo Don Calisto, come lo chiamavano in Sudamerica, inventò il latte a lunga conservazione ma la sua sfrenata ambizione lo portò ad allargarsi nel settore alimentare (conserve, merendine, yogurt) e ad entrare nel mondo del turismo, della TV e, come detto, nel calcio. A Parma fece il suo capolavoro.


Niki Lauda, il primo colpo
A metà degli Anni Settanta, Tanzi mise a segno il suo primo colpaccio. Entra in formula 1 come sponsor e mette sotto contratto il campione del mondo Niki Lauda. E nel 1977, dopo che l’austriaco conquista il suo secondo titolo con la Rossa, la Parmalat raddoppia, strappandolo alla Scuderia. Niki firma per la Brabham, artefice dell’operazione
è proprio Tanzi. In Italia si grida allo scandalo! Poi, non contento dei suoi successi commerciali e travolto dall’ambizione, il Cavaliere si butta nel calcio e comincia a investire soldi. Tanto che nel mese di luglio 1990, durante i Mondiali italiani, annuncia l’ingaggio del portiere del Brasile Claudio Taffarel. Avrà un doppio ruolo: portiere e uomo immagine in Sudamerica della Parmalat. Il resto lo conosciamo. Nel 1993 il Parma vince la Coppa Italia e poi va in Europa dove trionfa nella Coppe delle Coppe, battendo in finale i belgi dell’Anversa. E due anni dopo concede il bis in Coppa UEFA (messa sotto la Juventus). Nel 1999 arriva anche la seconda Coppa UEFA (sconfitto il Marsiglia). A Parma tuttavia non sono del tutto felici, perché nel giardino di casa non riesce a vincere iltitolo più prestigioso: lo scudetto. Si succedono gli allenatori e i grossi nomi (Asprilla, Buffon, Cannavaro, Veron, Zola, Crespo, Thuram e Chiesa) ma il risultato non è pari alle attese. Al massimo un secondo posto.


La caduta di un impero
Ma proprio nell’anno del terzo trionfo continentale per Tanzi iniziano i guai quando compra Eurolat dal gruppo Cirio di Sergio Cragnotti (oltre 700 miliardi di vecchie lire) per consentire all’allora presidente della Lazio di rientrare dai debiti. Una strategia che, secondo la Procura di Milano, si ripete anche nel 2002 quando il patron parmense decide di comprare le acque minerali da Giuseppe Ciarrapico, indebitato con Banca di Roma. Insomma: si pagano debiti facendone altri, tanto che nel 2003 Tanzi è costretto a ricorrere a Enrico Bondi per risanare il gruppo ma il super consulente capisce subito che Parmalat non può fare fronte al bond di 150 milioni di euro in scadenza. Il 27 dicembre dello stesso anno Tanzi viene arrestato e comincia così, dopo una spericolata avventura imprenditorial-sportiva, anche la sua vicenda giudiziaria. E nel 2010, inevitabilmente, arriva la condanna a 18 anni di reclusione per un crac da 14 miliardi di euro.


JACK PRAN

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