Da allora il Mont Ventoux viene soprattutto ricordato per quel triste episodio e anche settimana scorsa durante la presentazione del Tour de France del prossimo anno, all' annuncio che si sarebbe tornati dopo 12 anni sul colle della Provenza, stampa, dirigenti e probabili protagonisti hanno rivolto la loro mente a Simpson e alla prima vittima del doping mentre dal canto suo Eddy Merckx, ex compagno di squadra di Tom e vincitore sul Ventoux tre anni dopo, ha ricordato ai giornalisti fiamminghi che “nel 1970 vinsi una delle tappe più drammatiche ed epiche del Tour. Si arrivava sul Ventoux e volevo onorare la memoria di Simpson. Sui 22 chilometri praticamente privi di vegetazione e sotto un solleone, me ne andai seminando tutti gli altri big della generale. Tagliai il traguardo con oltre dieci minuti su Van de Bossche, mio compagno di squadra, e Van Impe. Immediatamente dopo aver superato la linea del traguardo caddi a terra svenuto. Fu necessario l'utilizzo della bombola ad ossigeno per rimettermi in sesto”.
Quel giorno, il Cannibale mise il sigillo sulla sua seconda Grande Boucle. E sul Ventoux, dopo essersi ripreso, dedicò la vittoria al britannico, di cui oggi il Mattino della Domenica ricorda la tragedia.
È l’essenza dell’aridità
Si corre la tredicesima tappa da Carpentras al Mont Ventoux, oltre 20 km di ascesa con una pendenza che arriva al 15%. Siamo in pieno mese di luglio e quel giorno le temperature sono infernali: in alcuni punti del percorso si sfiorano i 40 gradi. Il Mont Ventoux fa parte del massiccio della Provenza e la vetta si trova a 1.912 metri sul livello del mare. Così lo descrisse Roland Barthes: “Fisicamente è terribile. È calvo. È l’essenza dell’aridità. Il suo clima lo rende un terreno dannato, un luogo adatto agli eroi. È come il più alto degli inferni. Il Ventoux è un dio del Male al quale bisogna sacrificare. Non accetta debolezze ed esige un ingiusto tributo di sofferenza”. Parole quasi profetiche, quelle del filosofo e scrittore francese.
Per Tom Simpson la frazione provenzana è una buona occasione per dimostrare che non è soltanto un corridore da classica o di un giorno (è stato campione del mondo nel 1965, anno in cui vince anche il Giro di Lombardia). Quella potrebbe essere la corsa della svolta. Per preparare al meglio la Grande Boucle aveva partecipato alla Parigi- Nizza, vincendola da dominatore grazie anche all’ aiuto del giovane Eddy Merckx, che l’anno prima era diventato suo compagno di squadra alla Peugeot. Ma non solo: nella tappa del Ventoux deve riscattare la crisi che lo ha colto sulle Alpi e gli ha fatto perdere tempo dagli altri favoriti.
Le parole rivelatrici
Il suo compagno di squadra Colin Lewis alla vigilia del tappone assiste ad una discussione di Simpson con il suo manager, il quale gli comunica che se non migliora la sua posizione in classifica non gli verrà rinnovato il ricco contratto. Qualche ora dopo, secondo Lewis, arrivano nella stanza dei due corridori, due personaggi sconosciuti, dai quali Simpson acquista per 800 sterline, un prezzo molto alto per quei tempi, tre tubetti di anfetamine. Lewis fa finta di nulla, e non dice nulla. Non sono affari suoi. E così il giorno dopo si consuma la tragedia. Alla partenza da Carpentras e per tutto il percorso della tappa c’è un caldo orribile: si capisce subito che per Simpson non è giornata, tanto che si stacca dai migliori nelle prime fasi di gara. Quando si avvicina il Ventoux chiede ad un compagno di squadra di dargli qualcosa da sorseggiare (allora era proibito passare da bere e da mangiare ai ciclisti dalle ammiraglie). Il compagno si ferma ad un ristorante ma non è l’unico ad avere quest’idea e non trova praticamente nulla. L’unica bevanda rimasta è una bottiglia di cognac. Con quel caldo è una pazzia bere alcol, ma Tom se ne serve senza nemmeno guardare il contenuto; ormai cotto e preso dalla fatica prende la bottiglia e ne tracanna un sorso. Poi inizia la salita, e gli sforzi se centuplicano a causa del caldo africano.
Una pasticca e il crollo
Simpson allora estrae dalla sua tasca uno dei tubetti che aveva portato con sé ed ingerisce una pasticca quando iniziano i primi tornanti. A quel punto si consuma la tragedia: il britannico comincia a zigzagare, ha lo sguardo perso nel vuoto, la luce si spegne. Quando ormai mancano pochi chilometri dall’ arrivo cade una prima volta dalla bicicletta e il meccanico della squadra lo rimette in sella. Pedala ancora qualche metro, poi finisce ancora una volta a terra ad un chilometro dal traguardo, e non si rialza più. Il leone dello Yorkshire, come era chiamato, aveva esalato il suo ultimo respiro. Simpson verrà in seguito considerato la prima vittima del doping: il mix di alcol e anfetamine gli era stato letale. Nella memoria degli appassionati di ciclismo resta ad oggi uno dei ciclisti britannici più forti di tutti i tempi.
ARNO LUPI