La boxe aveva fatto l’ennesima vittima: dalla fine della Seconda guerra mondiale 500 pugili sono deceduti sull’altare della presunta arte di cui sopra. Lo stesso Jacopucci, durante una intervista passata alla Rai, aveva rievocato con timore e grande trasporto la tragedia di Benny Paret, detto il Kid, che nel 1962 contese ad Emile Griffith la corona dei pesi welter al Madison Square Garden di New Jork. Fra i due pugili non correva buon sangue e quando si affrontarono sul ring non si risparmiarono. E proprio in prossimità dell’ultimo gong Paret fu bersaglio di terribili colpi alla nuca che lo mandarono al tappeto. A causa delle botte morirà dopo 12 giorni di coma. Griffith dichiarerà che: “Io uccido un uomo e molte persone lo capiscono e mi perdonano”.
Sul ring di Bellaria
Angelo Jacopucci partiva chiaramente sfavorito nella sfida organizzata a Bellaria. Ma non solo: era reduce da una dura sconfitta patita contro il britannico Frank Lucas per KO alla seconda ripresa. In quell’occasione riportò diverse ferite ma lui non se ne curò e anzi si convinse che avrebbe potuto affrontare (e battere) Alain Minter per il titolo mondiale dei pesi medi. Il titolo, detenuto dal francese Gratien Tonna, era vacante. Non era passato nemmeno un anno dalla disfatta con Lucas. L’angelo biondo non vedeva l’ora di cimentarsi con il temibile pugile inglese. Alla vigilia anche la stampa italiana aveva espresso dei dubbi:“ Jacopucci avrà superato il trauma psicofisico della sconfitta incassata mesi prima?”. Ma lui non ci fece troppo caso e subito dalle prime riprese dimostrò di essere all’altezza dell’avversario. Il match risultò equilibratoma al dodicesimo round ci fu la drammatica e inattesa svolta.
Il pugile laziale non aveva più energia ed abbassò completamente la guardia, come se d’incanto volesse smettere di battersi. Per Minter fu un gioco da ragazzi: improvvisamente iniziò a colpire l’italiano al volto. In modo violento, cattivo. Jacopucci era ormai staccato dal resto del mondo: lui e Minter soli, un contro l’altro. La sua testa era sottoposta a forti sollecitazioni e i muscoli del collo inerti. Ormai l’angelo biondo non rispondeva più ai comandi. A nessuno venne in mente di sospendere la sfida: l’arbitro e i secondi di Jacopucci lasciarono correre. Inevitabile che il pugile di casa finisse a terra e dichiarato kappaò. Ebbe comunque la forza di rialzarsi e di assicurare tutti sulle sue condizioni. Addirittura partecipò molto sportivamente alla cena per i festeggiamenti di Minter. Ma fu proprio davanti al neocampione che perse i sensi. Immediatamente fu trasportato all’ospedale di Rimini dove gli venne diagnosticata una sospetta emorragia cerebrale. Il suo calvario proseguì poi all’Ospedale di Bologna. Fu sottoposto ad un intervento chirurgico ma alle dieci della mattina del 22 luglio spirò a causa di un ematoma sotto durale frontoparietale ed un edema cerebrale. Aveva solo 29 anni.
Le parole di Veronesi
La tragedia di Jacopucci segnò una svolta nella storia di questo sport controverso. Dopo Bellaria furono decise alcune importanti modifiche nei regolamenti per meglio tutelare la salute dei pugili: le riprese per il titolo europeo furono ridotte a 12, fu poi richiesta obbligatoriamente la TAC cranica di ciascun boxeur durante le visite mediche prima dei combattimenti e infine non furono più ammessi incontri da disputare in città situata a più di un’ora di percorrenza da un centro neurologico. Misure importanti, certo. Ma dopo Bellaria altri atleti morirano in tutti gli angoli del mondo. Forse aveva ragione il dottor Umberto Veronesi: “La boxe va abolita!”
JACK PRAN