Il dramma di un debole
Ad Atlanta i dirigenti si accorsero del suo stato e non gli rinnovarono il contratto. Cominciò allora - siamo nel 1985 - il tracollo: prima scartato a Cleveland e poi a Seattle. Furono, le sue, stagioni fra alti e bassi, senza spunti e semmai con tantiproblemi. La droga lo stava consumando, e quandonon era la cocaina, era l’alcol. Risse nei bar, botte alle compagne e insulti a chi osava chiedergliqualcosa della sua vita. Nel 1987 arrivò il colpodefinitivo: la NBA lo squalificò a vita per abuso di stupefacenti. Una fine già scritta.
Lasciò la competizione con 657 partite alle spalle ed una media di 15.1 punti. E quando terminò questa carriera, ne iniziò un’altra, quella di bandito che ormai non aveva più nulla da perdere. Era diventato una specie di Jesse James moderno: rapine, furti a mano armata e aggressioni ad agenti della polizia. Ma il peggio doveva ancora arrivare. Infatti nel 2008, quando ormai di lui si ricordavano soltanto le avventure delinquenziali, venne accusato di molestie su una bambina di otto anni e, siccome recidivo, si beccò il carcere a vita. Calò così il sipario su uno dei giocatori più forti del basket moderno, fratello di quel Franklin, che per qualche stagione giocò a Varese e diventò poi allenatore di Pheonix, squadra nella quale spesso ai suoi giocatori raccontava con la tristezza nel cuore le brutte vicende del fratello per evitare che qualcuno lo imitasse. « È stato un debole – disse Franklin Johnson – E le sue azioni hanno ferito tutti noi. Ragazzi, era un grande giocatore ma non fate come lui» diceva Franklin ai suoi giocatori. Con le lacrime agli occhi.
JACK PRAN