LUGANO – I tifosi bianconeri dovrebbero quasi averci fatto il callo: l’HCL non riesce a qualificarsi in maniera serena e tranquilla ai playoff dalla stagione 2020-2021, quando sulla panchina luganese sedeva Serge Pelletier che fu capace di portare Fazzini e compagni fino alla seconda posizione al termine della regular season, per poi essere eliminati in maniera clamorosa dal Rapperswil nei quarti di finale. Da lì in poi il Lugano è sempre dovuto passare per le forche caudine dei pre-playoff o dei play-in, ottenendo un posto tra le prime 10 anche sudando fino all’ultimo secondo, come accaduto nella stagione 2022-2023. Ma questo campionato, dopo le prime 34 giornate disputate, rischia di passare alla storia per quello più negativo e nefasto degli ultimi 14 anni: il rischio di disputare i playout, come avvenuto nell’annata 2010-2011, è dietro l’angolo.
Eppure la stagione era partita alla grande, con 4 vittorie ottenute nelle prime 5 partite disputate, ma da ottobre in poi è calato il buio sulla squadra allenata da Gianinazzi: gli infortuni prima – quello di Thürkauf su tutti – le diatribe interne poi, gli errori clamorosi e marchiani in difesa (a Bienne si è avuta l’ennesima riprova che mentalmente questa squadra è debole e non è in grado di gestire la pressione) hanno messo il Lugano al muro. Neanche le due vittorie nei derby casalinghi, così come i due successi ottenuti a Berna, sono riusciti a ridare linfa a un gruppo che sembra veramente sull’orlo del baratro. Eppure la classifica resta aperta: i play-in sono distanti soltanto 4 punti, la 12a posizione – sinonimo di stagione finita al termine della regular season – dista 3 lunghezze, ma l’impressione destata da Carr e compagni nelle ultime due fondamentali uscite (contro Friborgo e Bienne, due dirette avversarie per un posto tra le prime 10) è quella di una squadra in balia delle onde e degli eventi.
Di chi è la colpa di questo sprofondo bianconero? Dei giocatori, della loro attitudine, dei loro problemi interni allo spogliatoio e di un ego tanto grande da essere messo davanti agli interessi di squadra? È innegabile che ci siano alcune pedine nello scacchiere tattico bianconero che stanno dando il massimo – come ad esempio Fazzini, autore fin qui di una grande stagione – mentre altre non stanno assolutamente rendendo per il loro vero valore (Dählstrom, Sekac, Carr, Zohorna su tutti). Del tecnico Gianinazzi che, oltre a essere sembrato impreparato davanti a determinate difficoltà (la società gli ha anche affiancato un uomo navigato come Törmanen per affrontare al meglio determinati momenti), sembra anche aver perso il polso della situazione, tanto da rilasciare nelle ultime interviste dichiarazioni fuorvianti e fuori dal contesto, come a Bienne? Oppure della società che, a differenza del passato non commenta quanto sta avvenendo, se non in rari casi come quando la Curva ha chiesto un confronto diretto con lo staff dirigenziale? Lo stesso Domenichelli non aveva detto, dopo il brutto KO casalingo contro il Friborgo di fine novembre, che avrebbe mandato via quei giocatori scontenti dell’head coach, sostenendo la posizione di Gianinazzi? Peccato che nulla di tutto ciò sia avvenuto.
Una cosa però è chiara e lampante: il Lugano non sta rendendo per quanto fatto in estate dal ds, per quanto speso, per quanto costa la propria rosa e per quanto si era detto prima dell’inizio della stagione. In fondo, una squadra che sulla carta – infortuni a parte – potrebbe permettersi di schierare Arcobello e Fazzini in terza linea, che ha portato sulle rive del Ceresio giocatori di un certo palmares, come Dahlstrom e Zohorna, e che a Losanna erano dominanti fisicamente, come Sekac, non può accontentarsi di un'anonima, ma nel contempo clamorosa, 13a posizione in classifica.
E voi cosa ne pensate? Di chi è la colpa?