BRUXELLES – L’Unione Europea ha ancora una volta evitato lo scontro frontale con l’Ungheria. Negli scorsi giorni durante un incontro tra ministri europei a Bruxelles, si è discusso della possibilità di imporre sanzioni a Budapest per le sue posizioni sempre più divergenti. Risultato? Nulla di fatto. Ma l’attenzione si sposta ora su un articolo rimasto nel cassetto per anni: l’Articolo 7 del Trattato sull’Unione Europea.
Si tratta di uno strumento a disposizione dell’UE contro uno Stato membro che violi sistematicamente i valori fondamentali dell’Unione: Stato di diritto, diritti umani, democrazia. In teoria, può portare alla sospensione del diritto di voto di quel Paese in seno al Consiglio UE. Finora, mai applicato fino in fondo.
Un primo passo fu mosso già nel 2018, quando il Parlamento Europeo votò per attivare la procedura contro l’Ungheria. Ma da allora tutto si è fermato: le alleanze politiche, i veti incrociati e le elezioni nazionali hanno bloccato l’iter. Soprattutto, l’asse Budapest-Varsavia impediva ogni avanzamento.
Con la Polonia che ha cambiato governo e si mostra più allineata a Bruxelles, Orbán rischia l’isolamento totale. E non solo per la questione interna dei diritti civili o della libertà di stampa, ma per la sua aperta posizione filo-russa: blocco o ritardo a sanzioni, rifiuto di forniture militari all’Ucraina, opposizione a dichiarazioni congiunte contro Mosca. I recenti incontri a Bruxelles non hanno per ora portato a sanzioni.