"Ha messo in atto le sue minacce, con l'intenzione di uccidere." Una sera di agosto 2022, a Chavornay, nel canton Vaud, un uomo di sessant'anni ha ferito gravemente il suo vicino di casa, che viveva dall'altra parte della strada, sparandogli sei colpi con la sua pistola Smith & Wesson. Processato martedì presso il tribunale di Yverdon-les-Bains, rischia 14 anni di carcere per tentato omicidio e altre accuse.
Per il Pubblico Ministero, questo ex tiratore di montagna ha avuto il tempo di riflettere prima di sparare i suoi sei colpi – raggruppati e precisi – con l'arma più potente delle tre che possedeva. E perché? Per "una sciocchezza", "un movente futile": il vicino, che aveva la finestra aperta, stava parlando a voce troppo alta al telefono, ha continuato, secondo le dichiarazioni dell'imputato durante l'udienza.
"Cosa potrebbe esserci di più atroce del voler uccidere un uomo davanti a suo figlio?" ha aggiunto l'avvocato della vittima e della sua famiglia, che ha dipinto il ritratto di un uomo con un "profilo psicologico preoccupante", privo di empatia e che tende a voler controllare gli altri e a porsi come vittima.
Concordando con le sue parole, il pubblico ministero Charlotte Rossier-Dafflon ha aggiunto che l'imputato aveva mostrato il massimo disprezzo per la legge e per la vita altrui, "svuotando la pistola" contro la sua vittima, che si trovava davanti alla finestra del suo ufficio. Ha preso in considerazione una leggerissima diminuzione di responsabilità, dato il consumo di alcol, che, secondo l'esperto, ha contribuito al comportamento disinibito dell'imputato, ma non lo ha privato delle sue facoltà cognitive.
Ma per l'avvocato della difesa, d'altra parte, "il suo consumo è andato oltre", e questo "potrebbe spiegare il crollo dell'imputato". "Quella sera, era in uno stato che non gli permetteva di ragionare correttamente", ha affermato. E se "non sono riusciti a fargli dire cosa gli era preso", il suo avvocato immagina "una stupida escalation", un semplice discorso informale da parte della vittima che "ha scatenato una rabbia irrazionale" nell'imputato.
Secondo il suo avvocato difensore, questo ex soldato, addestrato da un padre detestabile che non lasciava trasparire nulla, "ha sparato con una sorta di gesto automatico", ignaro di dove si trovasse esattamente la vittima, soprattutto perché le lamelle delle persiane erano inclinate. "Ha accettato il rischio di uccidere; non voleva uccidere", ha insistito, invocando il reato di omicidio volontario, fallito.
L'avvocato parla inoltre di un "blackout" per giustificare la perdita di memoria del suo cliente, che si è autodenunciato alla polizia: "È rimasto traumatizzato da quello che ha fatto. Non riesce a concettualizzare i motivi che lo hanno spinto ad agire quella sera". Ma lo rassicura: "Non appena gli spari sono cessati, ha fatto tutto il possibile per cercare di rimediare a ciò che aveva fatto". Verdetto mercoledì prossimo.