L’invasione italica non riguarda solo l’USI. Anche la SUPSI ha ampiamente superato i limiti previsti dal Contratto di prestazione con il Cantone. Nei settori non artistici, la soglia massima di studenti con diploma estero è fissata al 40%. Nel 2024, però, la quota effettiva ha toccato il 57,6%. E se non fosse per i corsi sanitari – dove la maggioranza è ancora svizzera – lo sforamento sarebbe ancora più marcato.
Nel design gli stranieri (quasi tutti italiani) rappresentano il 65,4%, mentre nella tecnica arrivano addirittura al 66,4%. In pratica, due studenti su tre provengono dalla Penisola: futuri frontalieri formati con soldi ticinesi. Dagli altri 25 Cantoni svizzeri, invece, arrivano appena 19 studenti – alcuni dal Moesano – a conferma dello scarso richiamo della SUPSI per i nostri connazionali d’Oltralpe.
Così, come già accade all’USI, anche la SUPSI rischia di trasformarsi in una colonia italiana finanziata dai contribuenti ticinesi. Eppure, nonostante la violazione degli accordi, il Consiglio di Stato propone di rinnovare senza indugi il generoso credito all’istituto. A chi gli chiede di invertire la rotta, la SUPSI risponde che il problema è la lingua e che molte formazioni esistono già in Svizzera interna. Ma allora, perché non adattare l’offerta formativa e attirare più studenti ticinesi? È davvero ora di darsi una mossa.
Fonte: risposta interrogazione parlamentare





