Mondo, 26 luglio 2018

"Özil e il fallimento dell’integrazione"

La storia di Mesut Özil sembra in contrasto con quella della Nazionale campione del mondo, trionfo dell’integrazione di atleti originari delle ex colonie e diventati francesi. Özil non è turco: è nato in Germania, il Paese dove suo padre è cresciuto dopo esservi arrivato da bambino. Anche lui era diventato un simbolo di integrazione, nel 2010, segnando un gol alla Turchia: venne anche felicitato dalla Merkel per questo. Ora annuncia di non voler più giocare nella squadra del suo Paese. Motivo: non si sono mai sopite le polemiche dopo la foto in cui regalava al presidente turco Erdogan la maglia rossa della sua squadra di club, l’Arsenal. 
 

Özil non ha un carattere facile. Si trovò male anche in uno dei club più strutturati e meglio organizzati al mondo, il Real Madrid. Ma questa vicenda non si spiega soltanto con i capricci di un campione incompreso. Se oggi Özil sente la necessità di ribadire che rifarebbe quella foto, all’evidenza la sua origine ha preso il sopravvento sulla sua formazione. Nessuno lo obbligava a omaggiare Erdogan, personaggio discutibile, che ha goduto e gode senz’altro di ampio consenso ma ha condotto la Turchia su

un sentiero autoritario, integralista e illiberale. L’impressione, però, è che a Özil non importi molto del bilancio politico di Erdogan. Quella foto è una dichiarazione di identità. E di conseguenza rappresenta il fallimento di una possibile storia di integrazione, con la rinuncia alla Nazionale tedesca come tassello finale. 

 

Tutto questo accade in un momento molto particolare nella storia della Germania. La leadership della donna che bene o male ha tenuto unito il Paese è al tramonto. L’Spd, l’altro partito fondativo della democrazia tedesca, è al minimo storico. La destra appare divisa. Un partito non antinazista ottiene risultati a due cifre. I cristianosociali bavaresi non si riconoscono più nella politica degli alleati cristianodemocratici. Erdogan ha già provato a condizionare il voto dei tedeschi di origine turca, e ora i media che lo appoggiano presentano Özil come un patriota e come un martire del razzismo tedesco. È una rappresentazione falsa, ma efficace. Lo sport può essere un melting pot, un crogiolo; ma può anche rivelarsi una trappola.  


 Aldo Cazzullo / Corriere della Sera

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