Una delle principali motivazioni che hanno portato la maggioranza dei cittadini brasiliani a scegliere Jair Bolsonaro come nuovo presidente è stata senza dubbio la promessa di un giro di vite securitario e di una lotta a tutto campo alla criminalità.
I numeri della delinquenza nel gigante latinoamericano sono a dir poco immensi: oltre all’ormai famoso dato dei 63mila omicidi del 2017 sono da segnalare la scomparsa di 83mila persone, che almeno in parte andranno ad aumentare la conta dei morti assassinati, i 60mila casi di violenze sessuali, la morte di 5.144 persone in conflitti a fuoco con la polizia (+20% dato 2016), cifra da comparare a quella della diminuzione del 5% degli agenti caduti in servizio, che nel 2017 sono stati 367.
Su questo terreno di insicurezza Bolsonaro ha costruito il suo consenso con prese di posizione law and order. Implementarle sarà una sfida enorme che il nuovo Presidente dovrà essere in grado di gestire. Ma sulle ricette da applicare, Bolsonaro ha le idee chiare.
L’agenda di Bolsonaro sul crimine
Come riporta il New York Times, una delle principali proposte del giro di vite di Bolsonaro sul crimine consiste nel “garantire un margine maggiore alla polizia nell’uso della forza. Ha promesso maggiore protezione per gli agenti che uccidono durante il loro servizio, aggiungendo che chi uccide un delinquente dovrebbe essere celebrato, non perseguito”.
Questa svolta securitaria contrasta, almeno nello spirito, con l’idea di snellire i controlli sulla vendita e la circolazione delle armi da fuoco, volta a far sì che ogni cittadino possa difendere la sua incolumità fisica e la sua proprietà. Il contrasto traspira dalla percezione politica: Bolsonaro da un lato difende e intende rafforzare il ruolo della polizia nella lotta al crimine, ma dall’altro sdoganando uno spirito da Far West appare di fatto intenzionato a riconoscere come non risolvibile lo stato di cose che vede numerosi quartieri degradati nelle città brasiliane diventare territori perduti allo Stato, in cui la popolazione è costretta a difendersi in maniera sommaria.
Ha destato preoccupazioni e attratto critiche anche la decisione di abbassare a 16 anni l’età di perseguibilità penale: ciò non solo aggraverebbe il temuto sovraffollamento carcerario, ma comporterebbe un’abdicazione