Mondo, 18 novembre 2018
L’Area Schengen ormai è fallita, l’Europa del Nord chiude i confini
foto gliocchidellaguerra.it
Schengen è stata per anni uno dei pilastri dell’Unione europea. La libertà di movimento dei cittadini europei fra uno Stato membro e l’altro è considerata una delle basi di questa Europa. E l’assenza di confini, sognata da no-borders ma anche dai paladini dell’europeismo, giace ormai nel dimenticatoio, travolta dagli eventi che hanno colpito ormai definitivamente la tenuta dell’Unione europea.
In teoria, i controlli alle frontiere tra i Paesi europei introdotti (soltanto temporaneamente) con la crisi dei rifugiati del 2015 dovevano essere scaduti la scorsa settimana. L’idea, almeno inizialmente, era che questi controlli fossero ripristinati solo per gestire la crisi. Niente di definitivo (a parole), ma solo una periodica ripresa dei controlli per monitorare l’ondata migratoria dalla Siria e non solo.
Di temporaneo però non c’è stato nulla. Anzi, proprio quei Paesi che bastonano i “cattivi” dell’Unione europea sul fronte dei bilanci e delle politiche migratorie, sono quelli che hanno continuato a prorogare i controlli alle frontiere. Così, i governi di Germania, Austria, Danimarca, Svezia e Norvegia hanno comunicato al Consiglio europeo di estendere per altri sei mesi i termini per la chiusura dei confini. Mentre la Francia ha già detto a ottobre che la proroga scadrà ad aprile.
C’è chi ha parlato di sfiducia nei confronti dei Paesi che controllano il confine esterno dell’area Schengen, ovvero di Spagna, Grecia e Italia. C’è chi, come la Francia, utilizza il fattore “terrorismo”, dicendo che applica il controllo delle frontiere a causa della minaccia jihadista. Ma quello che conta è che oggi, sei Paesi dell’Unione europea se ne infischiano degli accordi di Schengen e di fatto, hanno blindato i confini.
Loro, non tutti. Ed è per questo che non solo gli altri Paesi dell’Unione europea sono contrariati, ma lo è la stessa Commissione. La libertà di movimento, insieme all’euro, è una sorta di totem dell’Unione
europea. Che già di suo è fragile e indebolita, e adesso si vede colpita in uno dei suoi pilastri proprio dal nucleo duro dell’europeismo, in particolare da Francia e Germania. E proprio per questo motivo, Jean-Claude Juncker ha parlato di “un passo indietro per l’Europa”.
Il fatto che Bruxelles protesti, non significa però che gli Stati che hanno sospeso Schengen la seguano. I governi di questi Paesi hanno già fatto capire al Consiglio e alla Commissione che non sono affatto interessati a prendere in considerazione un ripensamento. E adesso, l’eccezione rischia di trasformarsi in regola, soprattutto perché l’Europa non ha alcuna forza (né probabilmente voglia) di imporre qualcosa a questi Stati. Può un’Europa guidata dall’asse franco-tedesco dire a Parigi e Berlino di aprire i confini? Con Angela Merkel gravemente indebolita dalle sconfitte elettorali soprattutto a causa della questione migranti, e con un Emmanuel Macron sotto assedio per le europee e con Marine Le Pen alle costole nei sondaggi, i due leader non faranno marcia indietro.
E così, l’Europa si ritrova a dover fare i conti con una realtà che non può cambiare. I governi più europeisti colpiscono al cuore proprio uno dei pilastri dell’Unione europea. Ma da questo si evince anche il pericoloso e ormai cristallino doppiopesismo di Bruxelles nei confronti degli Stati membri.
La domanda sorge spontanea. L’Unione europea si sarebbe comportata nello stesso modo se altri Stati membri avessero fatto lo stesso di Francia, Germania, Austria e altri Paesi? Immaginiamoci come sarebbe stata accolta la chiusura dei confini da parte dell’Italia, con un governo già profondamente critico nei confronti delle dinamiche europee. La risposta a questa domanda (purtroppo retorica) la conoscono tutti. Ma anche in questo si notano le gravi lacune di questa Europa, impegnata nei numeri, nelle cifre, ma soprattutto nella disparità di trattamento fra Stati dell’Europa mediterranea e Stati dell’Europa centrale e settentrionale. Vittimismo? No. Semplice constatazione.
(Via gliocchidellaguerra.it)