Svizzera, 22 novembre 2019

Espulsa nel 2005, è ancora in Svizzera

Sarebbe dovuta tornare in Turchia già nel 2005, visto che la sua domanda d’asilo era stata respinta. Ma è ancora in Svizzera. Grazie a una lunga serie di ricorsi, domande di revisione e di riesame, l’ultimo dei quali presentato nel maggio scorso dall’avvocatessa Catalina Mendoza del servizio giuridico di Caritas Svizzera.

La Segreteria di Stato della migrazione (Sem) è riuscita perlomeno a rimpatriare suo marito nel 2018. La quarta domanda di revisione era stata respinta e l’uomo era stato caricato con la forza su un aereo diretto in Turchia. Ma in quegli stessi giorni la donna era riuscita a presentare una quinta domanda di revisione, presentando presunti nuovi elementi a sostegno della domanda d’asilo sua e dei suoi due figli. La loro espulsione era quindi stata nuovamente sospesa.

Ma nell'aprile scorso la Sem ha respinto anche la quinta domanda di revisione. La donna
ha quindi nuovamente ricorso al Tribunale amministrativo federale. Ma anche i giudici, come si legge in una sentenza pubblicata oggi, hanno confermato che l’espulsione della donna e dei suoi due figli è eseguibile.

“Va ricordato che il tempo trascorso nella clandestinità o al beneficio di una semplice tolleranza non può essere considerato nell’apprezzamento” scrivono i giudici in risposta alla donna che diceva di essersi integrata, alla pari dei figli, sottacendo però che uno di loro era già stato condannato due volte dal Ministero pubblico.

In teoria quindi ora la donna dovrebbe raggiungere il marito in Turchia insieme ai due figli. In teoria, a meno che la Caritas Svizzera non dovesse trovare un altro sotterfugio legale per prolungare a oltranza una permanenza illegale durata già ben quattordici anni, ovviamente a carico dei contribuenti.

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