Ticino, 23 dicembre 2019

“Il cinema non è morto ma bisogna avere coraggio”

A colloquio con Enrico Lafranchi, collezionista di video cassette e DVD e accanito cinefilo

(classe 1939 e in forma spettacolare!) non è soltanto uno degli ultimi giornalisti della “vecchia guardia” sopravvissuti all’avvento della tecnologia ma è anche un grandissimo appassionato di cinema. Informato su ogni novità che arriva dal mondo della celluloide, critico quanto basta per capire “che ne sa una più del diavolo” è anche un accanito e meticoloso collezionista di video cassette e DVD.

A casa sua, nel quartiere di Via San Gottardo di Bellinzona, ne ha oltre 5 mila. Gli amici che hanno avuto la fortuna di essere invitati ad una “sessione nostalgia” rigorosamente notturna, garantiscono, addirittura, che “forse sono di più”… Un cinefilo in tutto e per tutto. Anche per i suoi trascorsi imprenditoriali: ha infatti lanciato e diretto le sale Politeama di Biasca, Diana di Roveredo e Movie Club a Giubiasco a cavallo fra gli anni Settanta e Ottanta. Il Mattino della Domenica lo ha intervistato nella sua improvvisata ma accogliente sala cinematografica. Per parlare della sua collezione e del cinema in generale. 

Signor Lafranchi: lei ha oltre 5 mila “pellicole” in casa. Da dove nasce questa passione? 

È proprio una passione, ed è nata nell’adolescenza. Siccome a quei tempi il cinema aveva un sapore di “proibito” ai miei genitori dicevo che andavo a teatro o a vedere la partita di calcio. 

Lei ha accompagnato anche i cambiamenti del settore della celluloide: com’è oggi la cinematografia in generale?

A livello tecnico il cambiamento è stato radicale. Ai tempi, quando ero gestore di sala, il proiettore funzionava a carbone: la qualità delle proiezioni non era sicuramente quella di oggi. Grandi innovazioni furono Cinemascope (La Tunica) e Vistavision (Bianco Natale). Il cinerama (2001: Odissera nello Spazio) fu un flop. Un po’ come il 3-D oggi. Ricordo di avere visto il film di Kubrick in prima fila: uscimmo col torcicollo! A livello strutturale è un peccato che in Ticino, siano stati chiusi tantissimi cinematografi, anche di belli ed accoglienti, per fare posto alle multisale. 

È spiacevole che il Cinema Corso di Lugano sia aperto solo per determinate rassegne, peraltro molto interessanti (Cinema in Tasca). Ma è una fortuna che il Lux di Massagno e l’Iride al quartiere Maghetti continuino a beneficiare di un bel numero di frequentatori abitudinari. Anche il pubblico del Mendrisiotto, e non solo, è molto legato alle sale della famiglia Morandini: per papà Giulio e figli si può dire che la vita è sempre stata un film. 


Si fanno ancora dei buoni film?

Certamente si producono ancora film da 4 stellette. Dipende anche dal genere. Oggi spopolano gli effetti speciali, ai fantasy preferisco tuttavia un buon action-thriller. Ho vissuto l’epoca (anni Sessanta/Ottanta) dei così detti film di genere (peplum, spaghetti-western, commedie all’italiana) che riempivano le sale in ogni ordine di posti. I beniamini di quel pubblico erano Giuliano Gemma, Edwige Fenech e Alvaro Vitali… Mi ricordo che a Biasca, dove era in cartellone “Pierino contro tutti” dovetti attendere 5 settimane per programmarlo visto il successo strepitoso che riscontrava a Zurigo.

Quanti film ha visto della sua oceanica collezione?

Oceanica? Vero, e ne sono… ferocemente geloso. Ne avrò visti più della metà, diciamo in media 180 all’anno. Vorrà dire che se nasco una seconda volta mi vedo l’altra metà! Il cinema è sempre stata la mia unica e grande passione. I film scorrono dentro di me come l’acqua di una sorgente. Quando proietto un classico le immagini mi si riflettono nel cuore. Nostalgia canaglia!

Il film del secolo, secondo lei?

Il film che più di tutti ho amato è coinciso con l’inaugurazione del cinema Ariston: Luci della Ribalta di Chaplin. Ero tredicenne, rimasi colpito dalla gente che usciva nascondendo
il viso con i fazzoletti. Vent’anni dopo il pubblico assistendo allo stesso film rideva. Solo per dire come stavano cambiando i tempi… 

Il primo film che ha visto?

Fra Diavolo con Oliver Hardy e Stan Laurel. A proposito di questa leggendaria coppia di comici, il recente Stanlio & Ollio è ben fatto: divertente e anche un po’ commovente. 

Il consumo del cinema è cambiato?

Enormemente, e bisogna rendersi conto che oggi giorno esistono diversificate forme di consumo, non solo a causa di internet. Questo “fenomeno”, parlo per esperienza, era in atto già verso la fine degli anni Settanta. Alla prova dei fatti non mi sembra tuttavia che la televisione abbia distrutto
il cinema, come in tanti avevano temuto. Così come oggi le piattaforme non cancelleranno le sale cinematografiche. Le difficoltà esistono, è chiaro. Ma lasciamoci stupire, speriamo in positivo.


Lei ha pure diretto e gestito delle sale cinematografiche… 

Essendo di origini roveredane il mio primo amore è stato senz’altro il cinema Diana, inaugurato, dopo diversi anni che era rimasto chiuso, con L’Albero degli Zoccoli. Troppo triste per noi – mi fu detto. Lì andavano forte i western con Terence Hill e Bud Spencer e i Maciste. Non di meno Vitali, Dorelli, Gloria Guida, Banfi, Pozzetto e la Fenech… Ma non solo…

Gestii in seguito per un anno l’Ideal di Giubiasco. Ebbi la malaugurata idea di cambiargli il nome in Movie Club (avevano appena inaugurato un cinema nella città della Limmat con questo nome). Io avevo pensato in un primo tempo a Odeon (nostalgia canaglia) ma un distributore me lo sconsigliò. Il fatto è che la gente pensava si trattasse di un club privato, magari a luci rosse… Avevo messo in cartellone nientepopodimeno che L’Uomo di marmo in versione originale, film culto del polacco Andrzej Wajda. Venne a vederlo solo un critico cinematografico… Optai allora per un semplice Movie: il pubblico rispose abbastanza bene, un affitto esoso mi costrinse però a chiudere i battenti dopo un solo anno. Conservo sempre nel cassetto dei ricordi il bell’articolo di Michele Fazioli “Addio al Movie”. La mia avventura cinematografica la conclusi, negli anni Ottanta, al Politeama dove ero stato chiamato dal buon signor Eraldo Anselmetti che aveva lasciato per ragioni di salute dopo una lunga conduzione.

A Biasca il pubblico rispondeva molto bene: veniva gente da Locarno, Lugano, Bellinzona, scendeva in gran numero dalla Valle di Blenio. Purtroppo ai vertici di quel “sodalizio” c’erano delle persone che in cultura cinematografica non erano delle cime. Mi spiego: i film di grande successo, tra gli altri l’anteprima ticinese de I cancelli del cielo di Michael Cimino, venivano regolarmente penalizzati il sabato sera e magari già il venerdì da veglioni e disco-music. Si crearono situazioni imbarazzanti e molto spiacevoli. Avrei dovuto dare retta al sindaco di allora, il caro Alfredo Giovannini. A distanza di 40 anni non mi sembra più il caso di fare finta di nulla… 


Cosa farebbe per incrementare le frequenze nei cinematografi? 

In primo luogo abbasserei i prezzi di entrata. La sala cinematografica oggi è inavvicinabile a una famiglia di 3-4 persone. Il costo dei biglietti per i ragazzi è fuori di testa. Vanno aggiunti anche gli extra per popcorn, bibite, gelati. Direi inoltre che oggi la programmazione in qualche sala lascia alquanto a desiderare. Un esempio recentissimo: il film di Matteo Garrone con Benigni, classificato in Italia come l’evento delle Feste natalizie in Italia, pubblicizzato alla grande sia sui Social, che dai TG Rai e Mediaset, uscito in contemporanea in Ticino, solo per fare un esempio a Bellinzona è programmato un giorno alle 18, un altro alle 15.45 e domenica (oggi) alle 10.30 e 15.45. Insomma non c’è verso di vederlo alla sera: incredibile! A prescindere, in qualche sala è un turbinare continuo di film che cambiano orario e giorno o spariscono addirittura dal cartellone per giorni.

Tim Carletti / MDD

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