Sport, 20 luglio 2020

“Exploit indimenticabili! Con Sergio Ponzio si volava”

Franco Facchinetti racconta la sua carriera e gli anni d’oro della Fidefinanz Bellinzona

BELLINZONA - Franco Facchinetti si è costruito una carriera da prim’attore con il duro lavoro, bruciando tutte le tappe nel movimento giovanile del Lugano ed entrando nella prima squadra bianconera in LNB all’età di 20 anni, subito responsabilizzato in cabina di regia dall’allora allenatore Dario “Mec” Bernasconi. Le qualità del ragazzo sono state ben presto notate da tutti, in primis dal Fidefinanz Bellinzona (presieduto da Sergio Ponzio) che lo ha ingaggiato nel maggio del 1990. Dopo un breve rodaggio, Facchinetti spronato dapprima da McCormick e di seguito da Giergia, ha conquistato un posto importante all’interno del gruppo. Malgrado alcuni infortuni (anche gravi) ha compiuto un ulteriore salto di qualità alla corte di Joe Whelton, voluto da Ponzio che lo aveva strappato all’Olympic Friborgo.

Le fortune di Facchinetti sono arrivate di pari passo con delle brillantissime prestazioni, diventando ipso facto la spalla ideale di un altro grande protagonista che è stato Mike Stockalper. Con il buon “Frank” abbiamo voluto rinverdire una carriera fatta di campo e sudore, senza naturalmente dimenticare il basket di oggi.

Partiamo dalle origini, dalla Gerra di Lugano.
Il basket mi è sempre piaciuto e sin da piccolo mi sono impegnato molto per riuscire. Ho così superato bene tutte le categorie sino a arrivare alla prima squadra, per la quale mi ha voluto Mec Bernasconi, il quale non c’ha pensato un attimo per mandarmi in campo assieme ai titolari.

Dopo tante belle prestazioni, ecco la chiamata del Fidefinanz Bellinzona.
Sergio Ponzio mi ha fortemente voluto ed io ho accettato, pur consapevole che gli allenamenti in Lega Nazionale A sarebbero stati molto duri. All’inizio il tecnico mi ha lasciato spesso in panchina per capire le varie tattiche della squadra poi, un giorno, Charlie McCormick mi ha informato che avrei giocato l’ottavo di Coppa svizzera contro lo Champel di quel Lengennhager sempre abituato a grossi bottini. L’allenatore era stato chiaro, voleva vedermi all’opera: l’esame è stato eccellente perché oltretutto sono riuscito a bloccare proprio Lengennhager. Da quel momento sono diventato titolare fisso del Fidefinanz.

Nella stagione successiva il Bellinzona è stato affidato a Pino Giergia, un sergente di ferro.
Di lui si possono dire tante cose, comunque ho imparato molto e la squadra ha perso la terza sfida di semifinale playoff contro il Vevey che ha poi vinto il titolo. Purtroppo il 26 dicembre, durante l’allenamento subito dopo le feste, mi è “partito” il tendine di una caviglia e la stagione è praticamente finita, tranne le due ultime partite giocate. Una di queste è stata proprio contro il Friborgo di Joe Whelton. Tutto sembrava andar bene, ma poi mi sono rotto anche una mano mandando all’aria la partecipazione del Preolimpico di Barcellona con la Nazionale.

In mezzo a tanto basket e ad una buona dose di sfortuna, ecco arrivare il secondo raggio di sole: in ospedale (durante la convalescenza dopo la frattura della caviglia) lei ha conosciuto la sua futura moglie.
Un incontro che mi ha regalato tanta gioia, tra Alessandra – che lavorava come infermiera - ed il sottoscritto c’è stato subito un gran feeling.

Altra fase importante della sua carriera sportiva, l’incontro con Joe Whelton venuto nella Capitale ad allenare il Fidefinanz.
Con
lui a Bellinzona sono arrivati tra gli altri Mike Stockalper, Mark Fillmore, Mike Polite e Andy Fields, giocatori di primo piano. Era uno squadrone: la voglia di Ponzio di vincere era talmente grande che non ha lesinato investimenti pur di sbaragliare il campo. Whelton si è dimostrato un tecnico preparatissimo ed un uomo capace di dialogare con il giocatore. Joe, insomma, ha saputo sempre metterci nelle migliori condizioni.

In questo contesto non era facile conquistare un posto.
Whelton non mi ha dimenticato, anzi, ha capito che da me poteva ottenere tanto e così sono diventato il sesto uomo del Fidefinanz, anche perché sapevo difendere bene, se ce n’era bisogno.

Un grande attestato di stima, dopo aver vinto quell’anno il titolo svizzero, è arrivato proprio da Mike Stockalper.
Si è avvicinato a me e mettendomi la sua mano sulla mia spalla, mi ha voluto ringraziare per il mio apporto. Mike sapeva fare cose straordinarie in regia, ma non aveva grandi doti difensive, a quel punto intervenivo io a fare il resto e Mike lo ha riconosciuto.

Fidefinanz rullo compressore, insomma… 
La mano di Whelton si è vista perché è riuscito nell’impresa di mettere tutti in sintonia, inserendo una grandissima mentalità vincente. Tanto da conquistare appunto tre titoli e tre coppe svizzere consecutive, senza dimenticare le belle prestazioni in campo internazionale.

C’è un confronto che a livello europeo Facchinetti non dimenticherà facilmente...
Si trattava infatti della prima sfida con il prestigioso Cantù. Che euforia all’Arti e Mestieri, resa ancor più… bollente dalla nostra vittoria per un solo punto. Battere una formazione italiana allora era davvero clamoroso, nel ritorno abbiamo perso di 15 punti, ma quel giorno a Bellinzona è stato davvero indimenticabile.

Delle innumerevoli vittorie ottenute col Fidefinanz qual è stata la più bella?
Sicuramente la prima Coppa svizzera vinta contro l’Olympic Friborgo. È stato il primo grande successo dei granata. La cosa più bella è che a quel confronto del 1992 alla St. Croix sono riuscito ad invitare mia madre. Per me è stata una felicità doppia, corroborata anche dal fatto che sono riuscito a tenere a zero un certo Mrazek.

Un ringraziamento particolare?
A tutti quegli allenatori che mi hanno seguito nelle giovanili, da Mec Bernasconi che ha creduto in me facendomi giocare subito in prima squadra, a McCormick, a Giergia e soprattutto a Whelton per il mio definitivo salto di qualità.

Le sue qualità le ha poi messe a disposizione come assistente allenatore del Lugano di Renato Carettoni, quindi come head coach del team bianconero e infine della SAM Massagno. Ora è tecnico delle giovanili massagnesi (e assistente di Gubitosa) oltre che ad essere la “spalla” di Roduit nella nazionale maschile. Insomma: un tecnico a 360 gradi… 
Tutte esperienze che mi sono servite e mi servono per imparare questo ruolo. Adesso mi diverto e faccio di tutto per aiutare i ragazzi.

Suo figlio Tommaso sembra avere le qualità per emergere.
Gubitosa lo ha voluto per la prima volta in Lega Nazionale A. Dovrà avere pazienza ed impegnarsi sempre al massimo, di lui sono orgoglioso.

G.M.

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