Mondo, 04 marzo 2021
La Danimarca spinge al rimpatrio i rifugiati siriani, “Damasco è sicura, tornate a casa”
Il primo ministro danese Mette Frederiksen è stata schietta quando ha detto di voler perseguire una politica di "zero richiedenti asilo". Eppure il paese nordico non è sopraffatto dalle richieste di protezione internazionale. Nel 2020, circa 1'500 persone hanno chiesto asilo in Danimarca, la cifra più bassa dal 1998.
Il piccolo paese scandivano di 5,8 milioni di abitanti non fa mistero del suo desiderio di scoraggiare i migranti a fare richiesta di asilo. Il primo ministro danese Mette Frederiksen ha dichiarato apertamente il suo obiettivo per il paese: "zero richiedenti asilo".
"Non possiamo promettere zero richiedenti asilo, ma possiamo spiegare bene la nostra visione", ha detto il ministro socialdemocratico durante una "ora delle domande" in parlamento in cui ha affermato di voler mantenere la rotta di una politica di accoglienza molto restrittiva.
Il paese sta anche considerando di espellere i rifugiati siriani, in quanto Copenhagen considera ora la Siria un paese "sicuro".
Nel 2017, Mette Frederiksen aveva anche presentato un piano per riportare i
migranti "non occidentali" nei campi africani e in centri di smistamento dei migranti.
E nel 2016, la Danimarca si era già distinta per la sua severa politica anti-migranti quando ha imposto una tassa sui migranti che entrano nel paese. La legge controversa ha permesso di confiscare denaro e beni di valore ai richiedenti asilo per finanziare il loro soggiorno.
La legge è stata introdotta da Inger Stojberg, che fino al 2019 era a capo del ministero dell'immigrazione del paese.
Il ministro danese per l’Immigrazione, Mattias Tesfaye, già il mese scorso sosteneva che i rifugiati sapevano che la protezione sarebbe stata temporanea. “Abbiamo chiarito ai rifugiati siriani che il loro permesso di soggiorno è temporaneo. Può essere ritirato se la protezione non è più necessaria”, ha detto Tesfaye al quotidiano britannico Telegraph. “Dobbiamo proteggere le persone per tutto il tempo necessario. Ma quando le condizioni nel paese d’origine migliorano, un ex rifugiato dovrebbe tornare a casa e ristabilire una vita lì”.