Ticino, 30 novembre 2021

Manuel Raga: “Lo sport è un’alternativa alla strada”

Il vecchio fuoriclasse non molla, a 77 anni allena i giovani talenti messicani

Era chiamato il messicano volante, oppure l’elicottero, per la sua incredibile capacità di saper “flirtare” con la gravità terrestre. Pensate: alto 188 cm, era capace di saltare da fermo oltre 140 centimetri. Parliamo di Manuel Raga Navarro, detto Manolo, uno dei più grandi giocatori di basket al mondo (è entrato nella mitica All of Fame internazionale), uno che ha saputo regalare meraviglie sul campo. Quando nel 1968 si mise in evidenza con la sua nazionale alle Olimpiadi messicane, l’Ignis Varese lo ingaggiò senza perdere tempo.


Molti addetti ai lavori della Vicina Repubblica furono tuttavia scettici: in quegli anni in Italia tendenza era quella di prendere stranieri molto alti. Ma Raga non ci fece caso e dal 1968 al 1974 sciorinò tutto il suo incredibile talento, diventando in poco tempo l’idolo delle folle, sia in campo nazionale che in quello internazionale. Nato ad Aldama il 15 marzo 1944, Manuel (77 anni) ha lasciato il segno anche a Lugano nella gloriosa Federale del presidentissimo Chico Frigerio. Per compagni ed avversari il fuoriclasse centroamericano è stato un esempio ed ha vinto tutto quanto c’era da vincere. Poi, finita questa bellissima esperienza, Manuel se n’è tornato in Messico dove tutt’ora allena squadre di giovani talenti, malgrado la sua veneranda età. Negli scorsi giorni lo abbiamo raggiunto telefonicamente nella sua Ciudad Victoria (regione del Tamaulipas) per parlare della sua attività, del suo passato cestistico e anche del suo paese, martoriato dalla guerra fra i narcos.


Manuel: negli ultimi anni il Messico è diventato uno dei paesi più violenti e pericolosi al mondo. Anche nella regione dove lei risiede ormai da tanti anni.
Parlare di questo argomento mi addolora. Nel mio paese prevale la paura: se non stai attento rischi di essere coinvolto in qualche sparatoria o in conflitti fra bande rivali. La gente è stufa e purtroppo mancano soluzioni concrete. Meglio non pensarci: io comunque me la cavo, vivo con mia moglie Lucilla e mando avanti una palestra per giovani cestisti. In Messico ce ne sono a bizzeffe. Le potenzialità ci sono, mancano i fondi e dobbiamo dunque arrangiarci...


Il basket è secondo solo al calcio in Messico.
Certamente. E credo che in parte abbia contribuito anch'io a farlo diventare molto popolare. Purtroppo però noto che i giovani di oggi che praticano questo stupendo sport sono abituati alle comodità, ai telefonini, e non amano troppo i sacrifici. Il basket offre loro una chance imperdibile per migliorare il proprio tenore di vita e magari un giorno andare all’estero a giocare e sistemarsi economicamente. Eppoi è una importante alternativa alla strada e al banditismo.


E aggiunge:
In Messico ci sono tanti cestisti giovani dotati di talento. E la NBA, la massima lega professionistica americana, li seguecostantemente. In un recente passato alcuni sono approdati con successo nel campionato più bello del mondo; altri invece si sono smarriti proprio per la mancanza di determinazione e voglia di sacrificio. 

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Facciamo un tuffo nel passato. A Varese e a Lugano la ricordano ancora oggi per lo spettacolo che ha regalato (oltre ai titoli). 
Bellissimi anni. Il basket svizzero non era certo come quello italiano, ma la passione era forte, specialmente in Ticino quando è nato il famoso boom luganese con i derby fra la mia Federale, Lugano Molino Nuovo, Viganello e Pregassona. 


Per lei, abituato alle grandi folle, giocare davanti a 1200 spettatori nelle partitissime, non era certo il massimo.
Si sbaglia, perché l’ambiente era veramente infuocato, tanta rivalità ha creato molto agonismo e grandi numeri, del resto i fuoriclasse non sono mancati nemmeno in Svizzera: cito Yelverton, Fultz, Stockalper, Sanford e Brady… 


A proposito: Ken ci ha lasciati la scorsa estate 
È stato un uomo di grandi qualità, un campione come pochi, me lo ricordo per la sua generosità e per la sua innata simpatia. E ho pure saputo della prematura scomparsa di Giovanni Casoni, un generoso, che contro la Federale si trasformava. Un trascinatore.


Restando ai giocatori di quegli anni, chi secondo lei ha lasciato maggiormente il segno?
Qui dobbiamo fare dei distinguo. In campo svizzero sicuramente Sergio Dell’Acqua, capitano di mille battaglie nella Federale. Un giocatore come lui è stato incredibile: per la sua grande umanità e per la sua carica agonistica che sapeva trasmettere a tutti i giocatori. Tra noi non c’erano differenze, lo ascoltavo perché i suoi consigli erano sempre importanti per migliorare l’amalgama della squadra. Poi Cedraschi, altro “leone” del campo che non mollava mai, come Franco Picco che ci ha raggiunto più tardi. A livello di stranieri chiaramente Dunbar – realizzatore eccezionale da tutti i settori del campo – e Ken Brady, un giocatore dalla potenza fisica notevole; riuscire a controllare uno come lui era davvero impresa difficile per non dire impossibile. Sapeva intimidire chiunque gravitasse nella piccola area e schiacciare con una facilità inusuale. 


A scoprirlo è stato proprio lei durante un viaggio a New York col presidente della Federale Chico Frigerio. 
Sapevamo che 24 ore dopo il nostro arrivo nella Grande Mela era in programma una partita in una una palestra della città . Abbiamo raggiunto il luogo del match, mi sono messo i calzoncini ed ho cominciato a “scaldare” i muscoli. Con il passare del tempo mi sono accorto che c’era un ragazzo di 22 anni che sapeva davvero fare cose interessanti sotto canestro. Al presidente ho detto che quel giocatore faceva al caso nostro. Detto fatto, Frigerio lo fece firmare e Brady ci raggiunse in seguito a Lugano. Che tempi ragazzi! Ricordiamo che Manuel Raga ha vinto tre scudetti, tre Coppe Italia, tre Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali con l’Ignis Varese mentre con la Federale si è imposto tre volte in campionato (1975, 1976, 1977) e una in Coppa Svizzera (1975).


GIANNI MARCHETTI

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