Sport, 20 dicembre 2021

“Nel giro di 5 anni al massimo il Lugano sarà campione”

Intervista con l’ex presidente bianconero Angelo Renzetti. Dalla crisi pandemica, al presente e al futuro del club targato Joe Mansueto

LUGANO - Angelo Renzetti: mai come ora il mondo ha bisogno di solidarietà ma soprattutto di unione. Questo virus sta mettendo a dura prova le nostre certezze. Che ne pensa?
Ormai ci abbiamo fatto l’abitudine dopo due anni di incertezze e con incognite relative anche all’immediato futuro. Sul piano sportivo ho attraversato una stagione a dir poco devastante com’è successo anche alle altre società. In crisi del genere c’è di tutto: mancanza del pubblico, precarietà psicologica della squadra, deficit finanziari, aspetti sociali, morali ed etici. 


In Svizzera ci sono ancora troppi non vaccinati. Lei è stato colpito dal Covid-19. Cosa si sente di dire a coloro che rifiutano il vaccino?
Ho optato per la scelta della diligenza e della disciplina indipendentemente dai dubbi e dalle discussioni. Non vedo d’altronde altra strada percorribile che non sia legata alla responsabilizzazione individuale e collettiva e a comportamenti saggi. E’ questione di solidarietà, se vogliamo uscirne il più presto possibile bisogna seguire questo iter. 


Nello sport si sono verificati casi di contagi e di quarantene. Quando era presidente del Lugano avete gestito bene la situazione. Molto dipende dalla responsabilità dei singoli (allenatori e giocatori). Ritiene che tutti stiano facendo gli sforzi necessari? 
Siamo riuscisti a gestire bene la situazione grazie alla collaborazione di tutti, staff sanitario in primis. Chi fa parte di un gruppo sa di avere responsabilità che travalicano l’”io”. I giocatori in questo senso, al di là di qualche remora culturale, sanno adeguarsi.


Giocatori di livello mondiale si sono rifiutati di vaccinarsi. Giusto lasciarli a casa oppure si può fare altro? 
Dare giudizi è difficile. Quando l’obbligo della vaccinazione non è previsto per i cittadini è arduo imporlo ai calciatori. Poi ogni club ha una sua linea nella quale non voglio entrare. Ci sono molti interessi in gioco e alcuni contrastanti.


Lei ha perso un amico durante la pandemia.
Sono rimasto molto colpito dal decesso del presidente del Locarno Sergio Debernardi, uomo generoso e grande appassionato di calcio. Di persone a me vicine per fortuna non ne ho perse.

Lo stadio – lo ha deciso il popolo – si farà. Una bella notizia. È anche una vittoria di Angelo Renzetti. 
Per me la costruzione di un nuovo stadio è sempre stato un atto dovuto in considerazione dei sacrifici fatti per riportare il FC Lugano ai livelli che merita nel calcio svizzero. Mi sono battuto tantissimo, ho chiesto aiuti ma nessuna delle persone che avrebbero potuto dare una mano ha mosso un dito. Il progetto di PSE è il primo nel quale la politica fa un discorso globale, dal finanziamento alla pianificazione per giungere a ordinare e rilanciare una parte importante della città. A Lugano e nemmeno a livello cantonale segnali di questo tipo erano mai arrivati. Spero che si tratti di un cambiamento epocale nel modo di gestire la cosa pubblica pensando ai veri bisogni della popolazione e soprattuutto ai giovani. E’tempo e ora di rimetterci al passo con altre realtà specie in Svizzera, che era e rimane il paese più ricco al mondo. Non va poi trascurato il discorso di carattere economico: in un momento così difficile mettere sul tavolo 400 milioni di lavori non è una bazzecola specie per un contesto piccolo e fragile. Quello compiuto dalle autorità luganesi, grazie alla sensibilità della popolazione, è un atto di generosità e lungimiranza di cui essere orgogliosi e fieri.


Ci sono stati colpi bassi, sui fronti opposti.
Come ha ammesso lo stesso Fulvio Pelli quando le passioni si mischiano al pragmatismo si corre il rischio di andare sopra le righe. Qualche colpo era inevitabile, preferisco comunque quelli in trasparenza ai colpi subdoli e ipocriti. Penso che alla fine ci accumunerà la fierezza per un grande e bel progetto realizzato e per tutto l’indotto che esso porterà a ogni livello. Le bagatelle del periodo di votazione verranno dimenticate in fretta.


Quella frase rilasciata a Tio.ch la ripeterebbe? Oppure si è pentito?
La risposta di getto alla domanda sulla cancellazione del Ticino dalla mappa del calcio svizzero andava contestualizzata. Era un’affermazione da “campo di calcio”. Ciò che conta alla fine sono i fatti. Per la comunità ho solo dato, seguendo la mia passione e investendo molto dal profilo economico e personale. L’ho fatto con orgoglio prendendomi rischi che andavano oltre le comuni capacità. Chi ha strumentalizzato quella mia frase non ha avuto nulla da dire sugli insulti anche pesanti rivolti in questi mesi alle autorità e ai funzionari o sulle grida “ti vogliamo a testa in giù” lanciate sotto la casa del sindaco Borradori. 


Tanti si chiedono: quanto tempo ci vorrà prima di vedere lo stadio in piedi e pronto ad essere utilizzato? 
Di fronte a grandi progetti e a cantieri di questa importanza vi sono precise tabelle di marcia e scadenze fissate nei contratti. Inoltre la Swiss Football League ha imposto precise date entro le quali il FC Lugano dovrà giocare nel nuovo stadio. 


A Zurigo hanno votato per il sì nel 2018 ma sinora non si è ancora mosso qualcosa. Teme per qualche ricorso? (come a Zurigo, appunto) 
Più grande è il giardino e più grosso è il cane.Voglio dire che quando sono in gioco montagne di soldi gli appetiti si fanno voraci e gli interessi aumentano. Si cerca di partecipare al banchetto prima con metodi democratici, minacciando di rallentare o di far slittare il progetto, e in seguito con interventi e pressioni delle associazioni di categoria o di chi è interessato a una parte dell’appalto. 


Stadio, PSE, Borradori: accostamento inevitabile.
Non intendo ripetere quanto è già stato detto in questi quattro mesi. A mio giudizio un politico
di quella portata non è esistito e non ci sarà almeno per il mio ciclo di vita. Marco incarnava la politica in senso lato senza mezzi fini, al servizio della gente. La conferma sono state le valanghe di voti che ha sempre preso e queste valgono più di mille parole, pensando che Borradori specie all’inizio della sua carriera rappresentava un movimento di pura opposizione. Per me e per tutto il cantone è stata una grave perdita. Credo che nel voto sul PSE ci sia stata anche una presa di coscienza sul suo pensiero, sul modo di fare e di essere.


Le piace la nuova proprietà del Lugano?
Per una squadra di calcio si tratta della proprietà ideale, con un magnate appassionato e con un management che conosce la realtà sociale e sportiva nella quale si trova ad operare. Finora nei miei confronti e della città si sono comportati da veri gentlemen. 


Hanno intenzione di fare le cose in grande!
Chi investe nello sport desidera avere ritorni non solo economici (difficili nel calcio) ma anche sul piano dei risultati e dell’immagine. Il calcio moderno non può prescindere da fondi di investimento, multinazionali e magnati. Le società sarebbero difficili da gestire. 


Il Lugano potrà vincere il titolo un giorno?
Non ho dubbi in proposito. Nel giro di 5 anni al massimo il FC Lugano sarà campione svizzero.


Si sente con gli attuali dirigenti?
Ho frequenti contatti con i miei “delfini”, tra di noi c’è sempre stata un’alchimia totale. Con i nuovi dirigenti ho normali rapporti di cordialità. Non desidero mettere il naso nella gestione societaria, la cosa migliore è stare al mio posto, un atteggiamento diverso sarebbe controproducente. Se poi mi chiedessero qualcosa risponderò volentieri.


I nuovi dirigenti le hanno chiesto qualche consiglio?
Nel corso delle trattative per la cessione del club ho fatto un quadro chiaro della situazione. In questi anni ho gestito il Lugano basandomi sul concetto di famiglia e facendo sempre il passo secondo la gamba. Sicuramente abbiamo perso qualche occasione sul piano sportivo ma ci siamo sempre distinti per dignità, unità e compattezza. E’ un capitale che i nuovi dirigenti si sono trovati in casa e che stanno sostenendo e valorizzando in modo intelligente. 


E l`innesto di quattro o cinque giocatori nel mercato invernale? 
E’ giusto farlo. Se hanno l’ambizione di qualificarsi per le coppe europee ci mancherebbe che non mettano in pratica tutto il possibile per raggiungere l’obiettivo. La loro politica è chiara: puntare su giovani promettenti da inserire poco a poco. La rosa attuale è corta e ce ne siamo accorti tutti. Problemi di inserimento non ne vedo: il gruppo ha una sua forza intrinseca con diversi giocatori esperti in grado di agevolare i nuovi arrivati. Andrà tutto per il meglio.


La squadra va bene eppure a Cornaredo ci vanno in pochi. Situazione paradossale.
Come ripeto sempre le stagioni tribolate che ci lasciamo alle spalle e le incertezze che perdurano ci devono indurre a lasciar perdere per il momento la questione pubblico per concentrarci su altri aspetti: risultati, consolidamento della squadra, nuovo stadio. 


Lo stadio nuovo potrà fare la differenza?
La risposta più semplice sarebbe guardare cos’è successo con la nuova Valascia. Per quanto riguarda il calcio ricordo di aver visto, in una delle puntate di “Fuorigioco” del mese di novembre, una tabella eloquente. Tutti i club svizzeri che si sono dotati di un nuovo stadio, anche quelli poi finiti in Challenge League come Thun e Neuchâtel, hanno visto aumentare notevolmente il numero di spettatori. Con un’aggiunta: le ristorazioni presenti nei nuovi impianti attraggono decine di coppie e famiglie che mangiano prima o si fermano per ore dopo le partite.


Un giudizio sulla squadra e Croci Torti.
È come chiedere a un genitore se ami il proprio figlio. La squadra che si è comportata molto bene nell’andata è praticamente quella che abbiamo costruito noi. Quanto a Mattia: è a Lugano dal 2017 ed è cresciuto a immagine e somiglianza delle caratteristiche “famigliari” che abbiamo dato a squadra e staff. Lo abbiamo coltivato con grande attenzione anche se non ho potuto metterlo in panchina perché non aveva ancora il patentino e non eravamo in grado di accollarci il pagamento della deroga. La nuova dirigenza non ha di questi problemi: ha accelerato i tempi e ha fatto bene. Mattia incarna il nostro spirito e gli faccio i migliori auguri sicuro che la sua modestia, il sapersi mettere all’altezza dell’interlocutore, la grinta e la passione che mette nel lavoro quotidiano lo porteranno a essere un allenatore di riferimento sul piano nazionale.


Spieghi, a coloro che ancora sono sbigottiti, com’è stato possibile che uno come Thyago Souza sia arrivato ai vertici della società. 
Purtroppo quando in una società anonima ci sono diverse anime diventa difficile gestire le situazioni, specie quelle delicate. Leonid ha creduto tantissimo e penso creda tuttora in Thyago Souza e di conseguenza ha rallentato il processo di cessione della società a Joe Mansueto. Inoltre eravamo nella necessità economica di dover cedere con una certa urgenza la società, ciò che rende sempre difficile ponderare bene contesto e offerte. Ma il capitolo “brasiliano” è chiuso. 


Infine: sappiamo che a Locarno la aspettano a braccia aperte. Possibile che un giorno se ne occuperà in prima persona? 
Nella vita ho imparato che non bisogna mai dire mai. Come famiglia stiamo aiutando e vogliamo sostenere anche in futuro il FC Locarno. Difficile dire come evolveranno le cose. Non penso comunque sia ipotizzabile un mio impegno in prima persona. Gli anni passano e nel calcio ha già fatto molte esperienze. E’ tempo che mi concentri su me stesso, sul mio benessere e sulla salute.

MAURO ANTONINI

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