LUGANO - Angelo Renzetti: mai come ora il mondo ha bisogno di solidarietà ma soprattutto di unione. Questo virus sta mettendo a dura prova le nostre certezze. Che ne pensa?
Ormai ci abbiamo fatto l’abitudine dopo due anni di incertezze e con incognite relative anche all’immediato futuro. Sul piano sportivo ho attraversato una stagione a dir poco devastante com’è successo anche alle altre società. In crisi del genere c’è di tutto: mancanza del pubblico, precarietà psicologica della squadra, deficit finanziari, aspetti sociali, morali ed etici.
In Svizzera ci sono ancora troppi non vaccinati. Lei è stato colpito dal Covid-19. Cosa si sente di dire a coloro che rifiutano il vaccino?
Ho optato per la scelta della diligenza e della disciplina indipendentemente dai dubbi e dalle discussioni. Non vedo d’altronde altra strada percorribile che non sia legata alla responsabilizzazione individuale e collettiva e a comportamenti saggi. E’ questione di solidarietà, se vogliamo uscirne il più presto possibile bisogna seguire questo iter.
Nello sport si sono verificati casi di contagi e di quarantene. Quando era presidente del Lugano avete gestito bene la situazione. Molto dipende dalla responsabilità dei singoli (allenatori e giocatori). Ritiene che tutti stiano facendo gli sforzi necessari?
Siamo riuscisti a gestire bene la situazione grazie alla collaborazione di tutti, staff sanitario in primis. Chi fa parte di un gruppo sa di avere responsabilità che travalicano l’”io”. I giocatori in questo senso, al di là di qualche remora culturale, sanno adeguarsi.
Giocatori di livello mondiale si sono rifiutati di vaccinarsi. Giusto lasciarli a casa oppure si può fare altro?
Dare giudizi è difficile. Quando l’obbligo della vaccinazione non è previsto per i cittadini è arduo imporlo ai calciatori. Poi ogni club ha una sua linea nella quale non voglio entrare. Ci sono molti interessi in gioco e alcuni contrastanti.
Lei ha perso un amico durante la pandemia.
Sono rimasto molto colpito dal decesso del presidente del Locarno Sergio Debernardi, uomo generoso e grande appassionato di calcio. Di persone a me vicine per fortuna non ne ho perse.
Lo stadio – lo ha deciso il popolo – si farà. Una bella notizia. È anche una vittoria di Angelo Renzetti.
Per me la costruzione di un nuovo stadio è sempre stato un atto dovuto in considerazione dei sacrifici fatti per riportare il FC Lugano ai livelli che merita nel calcio svizzero. Mi sono battuto tantissimo, ho chiesto aiuti ma nessuna delle persone che avrebbero potuto dare una mano ha mosso un dito. Il progetto di PSE è il primo nel quale la politica fa un discorso globale, dal finanziamento alla pianificazione per giungere a ordinare e rilanciare una parte importante della città. A Lugano e nemmeno a livello cantonale segnali di questo tipo erano mai arrivati. Spero che si tratti di un cambiamento epocale nel modo di gestire la cosa pubblica pensando ai veri bisogni della popolazione e soprattuutto ai giovani. E’tempo e ora di rimetterci al passo con altre realtà specie in Svizzera, che era e rimane il paese più ricco al mondo. Non va poi trascurato il discorso di carattere economico: in un momento così difficile mettere sul tavolo 400 milioni di lavori non è una bazzecola specie per un contesto piccolo e fragile. Quello compiuto dalle autorità luganesi, grazie alla sensibilità della popolazione, è un atto di generosità e lungimiranza di cui essere orgogliosi e fieri.
Ci sono stati colpi bassi, sui fronti opposti.
Come ha ammesso lo stesso Fulvio Pelli quando le passioni si mischiano al pragmatismo si corre il rischio di andare sopra le righe. Qualche colpo era inevitabile, preferisco comunque quelli in trasparenza ai colpi subdoli e ipocriti. Penso che alla fine ci accumunerà la fierezza per un grande e bel progetto realizzato e per tutto l’indotto che esso porterà a ogni livello. Le bagatelle del periodo di votazione verranno dimenticate in fretta.
Quella frase rilasciata a Tio.ch la ripeterebbe? Oppure si è pentito?
La risposta di getto alla domanda sulla cancellazione del Ticino dalla mappa del calcio svizzero andava contestualizzata. Era un’affermazione da “campo di calcio”. Ciò che conta alla fine sono i fatti. Per la comunità ho solo dato, seguendo la mia passione e investendo molto dal profilo economico e personale. L’ho fatto con orgoglio prendendomi rischi che andavano oltre le comuni capacità. Chi ha strumentalizzato quella mia frase non ha avuto nulla da dire sugli insulti anche pesanti rivolti in questi mesi alle autorità e ai funzionari o sulle grida “ti vogliamo a testa in giù” lanciate sotto la casa del sindaco Borradori.
Tanti si chiedono: quanto tempo ci vorrà prima di vedere lo stadio in piedi e pronto ad essere utilizzato?
Di fronte a grandi progetti e a cantieri di questa importanza vi sono precise tabelle di marcia e scadenze fissate nei contratti. Inoltre la Swiss Football League ha imposto precise date entro le quali il FC Lugano dovrà giocare nel nuovo stadio.
A Zurigo hanno votato per il sì nel 2018 ma sinora non si è ancora mosso qualcosa. Teme per qualche ricorso? (come a Zurigo, appunto)
Più grande è il giardino e più grosso è il cane.Voglio dire che quando sono in gioco montagne di soldi gli appetiti si fanno voraci e gli interessi aumentano. Si cerca di partecipare al banchetto prima con metodi democratici, minacciando di rallentare o di far slittare il progetto, e in seguito con interventi e pressioni delle associazioni di categoria o di chi è interessato a una parte dell’appalto.
Stadio, PSE, Borradori: accostamento inevitabile.
Non intendo ripetere quanto è già stato detto in questi quattro mesi. A mio giudizio un politico