Il Capitano comunque non se ne rammaricò più di quel tanto e diventò presto il leader della squadra luganese: anni di successi, gloria e qualche sofferenza, anni in cui visse in perfetta simbiosi con i caldissimi tifosi della Federale, che ne fecero il loro indiscusso beniamino. Poi chiuso il boom del basket (fine anni Settanta) Seo lasciò la competizione non senza essersi tolto una grande soddisfazione: veder sbocciare sui campi della massima serie il figlio Ivano, che con il tempo diventerà una pedina importante di alcuni club ticinesi che andavano per la maggiore (Bellinzona soprattutto). Poi, dopo il suo ritiro, per anni dei Dell’Acqua non si è praticamente più parlato, finché lo scorso 15 gennaio il Mattino della Domenica ha dato una notizia che ai nostalgici avrà certamente fatto piacere: “Coppa, i Tigers eliminati. In campo Dell’ Acqua”. Sì, nientemeno che il nipote del grande Seo e il figlio di Ivano: il diciottenne Massimiliano, al debutto in Lega Nazionale A.
Un battesimo spettacolare (24 punti) in una serata difficile per la squadra. Brevissimo istoriato: il giovane ha mossi i suoi primi passi nel Lugano dall’età di cinque anni ed ha in seguito bruciato le tappe, sia all’interno del club ceresiano che delle varie selezioni giovanili rossocrociate. Un talento da forgiare, insomma, e sul quale dovranno puntare i Tigers. Per Massimiliano di certa una grande responsabilità: quella di proseguire la tradizione di famiglia. Nei giorni scorsi ne abbiamo approfittato per conoscerlo meglio. Si é subito capito che ha le idee piuttosto chiare.
Immaginiamo che sin da piccolo abbia avuto un pallone da basket fra le mani.
No, all’età di 5 anni mi divertivo anche a giocare a pallone poi, con il passare del tempo, mi sono accorto che la pallacanestro era nelle mie corde, più del calcio. Ho così cominciato la mia avventura allenato da Anna Scalena.
Ivano non è solo un padre attento ma anche un allenatore determinante per la sua carriera.
Non esagero dicendo che Ivano è stato colui che mi ha creato le basi essenziali per diventare un giocatore, anche se so che devo ancora fare molta strada. Per 4-5 anni ho imparato da lui molte cose, ma nella squadra non mi sono sentito un privilegiato. Non mi ha mai concesso nulla, anzi mi ha fatto sudare, eccome, per farmi capire che nessuno ti regala niente se vuoi andare lontano. Da lui ho tratto insegnamento soprattutto sul piano della personalità, oltre che dal profilo tecnico. In questo periodo sono soprattutto in prima squadra e la Under 23 la vedo poco.
E quando ha saputo che avrebbe esordito ai massimi livelli?
Ho provato grande emozione ma poi ho cominciato a giocare con la consapevolezza di poter dare il mio contributo. Giostrare nella massima serie non è certo una passeggiata ma mi sono adattato subito. Avevo in mente i consigli di mio padre ed ho cercato di sfruttarli. Non ho avuto paura di affrontare avversari più smaliziati.
Lei porta sulla maglia un cognome di prestigio per il basket nazionale.
Certamente ma cerco di non pensarci troppo, voglio continuare a migliorarmi per diventare un protagonista in Svizzera e poi anche all’esero.
Sogno nel cassetto?
Innanzitutto il mio obiettivo è quello di vincere qualcosa di importante con il Lugano, poi entrare a far parte stabilmente della nazionale svizzera ed infine approdare, magari un giorno, nella NBL!
Come si definisce tecnicamente?
Sono una guardia dal tiro...facile, anche perché trovo sempre con una certa facilità il canestro, andando ripetutamente in doppia cifra. Quello che ci ha colpito è stata la freddezza al tiro ma anche la sua grande intelligenza tattica. In Lega Nazionale A sono queste le basi prioritarie per difenderti da avversari difficili. Ho lavorato molto per arrivare a questi livelli. Tutto serve se vuoi vincere e convincere coloro che ti seguono.
GIANNI MARCHETTI