È fuori dal calcio che conta dal 2008, da quando portò il Bellinzona nella massima serie assieme a Marco Degennaro e Vladimir Petkovic e sfiorò la clamorosa vittoria in Coppa Svizzera (finale persa contro il Basilea). Nel frattempo è diventato un ciclista provetto – ha pedalato e pedala per mezza Europa – si è avvicinato al movimento ciclistico cantonale e ha messo piede anche nel Giubiasco, società calcistica per la quale collabora da un paio d’anni con un unico obiettivo: dare spazio alle giovani promesse della regione. Manuele Morelli, è di lui che parliamo, è un imprenditore e dirigente sportivo che guarda sempre avanti. “Con il mio lavoro è inevitabile”, dice l’immobiliarista bellinzonese. Non disdegna neppure di gettare un occhio su tutto quanto succede alle nostre latitudini. “Il calcio ha ormai dei costi mostruosi, difficili da sostenere da imprenditori locali” afferma l’ex presidente granata, con cui nei giorni scorsi ci siamo intrattenuti per parlare del momento delle società ticinesi che vanno per la maggiore: partendo dal Lugano per poi passare al Bellinzona, società che ha nel cuore, per concludere con il Chiasso.
Il calcio ticinese sta vivendo un momento apparentemente di gloria: Lugano vincitore di Coppa, Bellinzona promosso in Challenge League, Taverne promosso in Prima Classic, Paradiso vicino alla promozione. Ma è tutto oro che luccica per davvero?
Sarà come sempre il tempo l’insindacabile giudice. Perlomeno a Lugano parlerei comunque tranquillamente d’oro che luccica e che luccicherà sempre di più, vista la potenza economica ed il curriculum del signor Mansueto. Non sono invece in grado di esprimere un’opinione su Paradiso e Taverne non seguendo quel tipo di calcio e non conoscendone le realtà.
È nostra impressione che manchi qualcosa...
Manca sempre qualcosa, per fortuna o purtroppo, ma è sensato gioire per quello che si ha piuttosto che rincorrere l’inarrivabile, no?
Partiamo dal Lugano. Progetto ambizioso, imprenditore serio e danaroso ma scarsa identità e poco collegato al territorio. Il presidente Regazzoni non parla nemmeno italiano...
Sulla serietà e la potenzialità del patron non ci sono dubbi. Concordo purtroppo per quanto concerne la scarsa identità locale ma chi paga comanda e fa le scelte che ritiene più opportune. Il calcio, ma in generale lo sport professionistico di alto livello è da tempo un’azienda vera e propria, oltre che un business, e le conseguenze vanno accettate, seppur, per i romantici almeno, a malincuore. Sarà il pubblico presente allo stadio il parametro di giudizio ultimo.
Mansueto la convince?
Non so quanto capisca di calcio, ma basta stipendiare chi ne capisce ed il gioco è fatto. Mansueto mi convince ma non mi entusiasma. I “miei” presidenti si chiamano Berlusconi, Percassi, Moratti, Sensi, Mantegazza, eccetera, gente attaccati alla città nella quale operano. I miliardari sconosciuti d’oltre oceano ed i fondi d’investimento non mi fanno certo battere il cuore, ma in mancanza d’alternative old style, dobbiamo farci andar bene anche quelli.
A Lugano però manca pubblico. La Coppa gli ridarà un pò di spettatori?
Me lo auguro in quanto la struttura societaria ed i risultati lo meritano. Il pubblico dovrebbe essere il fine ultimo di tutto il meccanismo. Speriamo che almeno con il futuro stadio i ticinesi si affezionino maggiormente ai bianconeri.
A Bellinzona è il caos. Bentancur ha i mezzi per allestire un budget per la Challenge League ma manca tutto: il tecnico è stato scelto solo dopo che il patron ha incassato diversi rifiuti. Non esiste una programmazione, manca un direttore sportivo, la rosa è corta. Molti giocatori non hanno ancora il contratto. Altri se ne sono andati.
Effettivamente il tutto appare piuttosto nebuloso. Speriamo che a breve la struttura societaria prenda forma e che il cammino dei granata possa essere quanto più sereno possibile. La piazza bellinzonese merita la Challenge League in maniera stabile e duratura. Fastidioso e fondamentalmente sbagliato a mio avviso l’aver messo da parte senza troppe remore quei ticinesi che meritavano la categoria a fronte di illustri sconosciuti: così si crea disaffezione ed i vecchi cuori granata sanguinano.
Ai suoi tempi si lavorava in modo decisamente diverso (e i risultati sono lì ancora tutti da vedere e ammirare).
Se lo dice lei ci credo…
La convince l’accoppiata Bentancur-Gilardi?
Domande di riserva ne ha?
Proviamo: non le sembra che nel nostro calcio ci sia un pò troppa mania di protagonismo?
Come in tutto oramai. Viviamo in un’era nella quale l’apparire conta spesso più della sostanza ma poi le cadute, talune anche clamorose, sono a volte dolorose. Ciò sia a livello professionistico ma anche nel calcio regionale, ove alcune realtà sono circondate da parecchi punti di domanda.
A Chiasso il suo amico Nicola Bignotti ha fatto quello che ha potuto. Ora però arriva a dargli una mano tale Ninni Corda, uno che in Italia ha fatto discutere: e parecchio.
A Bignotti, a volte criticato, erigerei un monumento. Lui c’è sempre stato ed è stato spesso costretto a lavorare, diciamo, non nelle condizioni ideali, mettendoci però sempre la faccia. Nicola è un uomo di calcio che conosce il proprio lavoro e che merita un proseguio di carriera importante.
Perchè da noi arriva sempre gente, diciamo così, controversa? Alcuni dicono: meno male che ci sono loro, visto che potenziali investitori locali si defilano.
Il calcio che conta ha oramai dei costi mostruosi, quindi le alternative sono queste, soprattutto e si desidera veleggiare a certi livelli.
La stampa, infine, sembra si sia adeguata all'andazzo. Guai, per esempio, avanzare dubbi. Per una notizia si fa questo e altro.
La stampa cavalca l’onda, sta al gioco, indaga, stuzzica, esprime opinioni, racconta quello che può e quello che vuole, a volte criticando forse eccessivamente, altre volte sembrando bendata di fronte all’evidenza.
M.A.