LUGANO - ll vecchio tifoso è seduto - quasi impietrito - sulla scalinata della tribuna principale: il Lugano è in trincea a difendere con i denti quell’esile vantaggio costruito nel secondo tempo. Ma la rete del redivivo Josephs (che non segnava dal 22 dicembre scorso contro lo Zugo) non basta. Ad ogni folata offensiva dei romandi, il vecchio tifoso - che ha seguito tutte le tappe più importanti della vita del club – trema: la paura di una nuova beffa lo assale. Ma Koskinen, il gigantesco estremo usbergo bianconero, ci mette una pezza. Una, due e tre volte. Non è ancora finita, perché i burgundi, colti dalla disperazione, si buttano in avanti per un ultimo assalto alla baionetta. Poi, improvvisamente, ad una manciata di secondi dal termine e con Berra in panchina, ecco che il disco finisce finalmente sul bastone del miglior giocatore dei padroni di casa, Markus Granlund.
Per lui è un gioco da ragazzi involarsi verso la porta avversaria e raddoppiare. La Corner Arena esplode, il Lugano è nei pre playoff! 2-0, la sofferenza è finita. Poi l’anziano sostenitore si avvicina e ci dice, con gli occhi lucidi: “Mi è venuto il magone: quando ho visto Granlund partire, mi è un tornato in mente un altro grande finlandese ed una situazione simile a quella vissuta pochi istanti fa. Mi sono ricordato di Ville Peltonen, e di quel gol segnato a porta vuota a pochi secondi dalla sirena. Era gara 5 della finalissima del 2006 contro il Davos. Stesso modo, stessa conclusione. Il suo tiro ci regalò il settimo titolo nazionale. Che emozione!”.
Una serata come quella di giovedì scorso non si può certo paragonare a quella del 13 aprile 2006, ci mancherebbe! Ma l’entusiasmo creato dalla vittoria su Dubé e soci è stato decisamente contagiante, come se una squadra e la sua tifoseria si fossero risvegliate da un brutto sogno. E in fondo il kappaò inflitto al favorito Friborgo (surclassato dal gioco e dal cuore dei bianconeri) ha rianimato tutto l’ambiente, anche se in realtà era stata la vittoria contro il Ginevra e il Davos prima e nel derby poi, a ridare fiato alle speranze ceresiane. Nel corso delle ultime due settimane, va detto, in casa HCL è successo ciò che in molti non osavano più sperare: la squadra ha ritrovato entusiasmo, aggressività, compattezza, talento e forza fisica, componenti che durante la regular season era venute meno. Mancava sempre qualcosa, mancava un dettaglio, una prestazione al di soprà della media.
Dalla vittoria contro il Ginevra e contro il Davos ai rigori, si diceva, la squadra ha cancellato le proprie incertezze e le proprie paure. Diceva Luca Gianinazzi nel post Friborgo: “Siamo stati squadra, abbiamo ragionato da squadra ed abbiamo vinto da squadra”. Parole scontate, dirà qualcuno. Ma di una semplicità disarmante, che fanno del giovane coach bianconero un condottiero in erba, pronto in futuro a salire nella scala dei valori della società.
Gianinazzi ha saputo raddrizzare una stagione che sembrava persa: ci ha sempre creduto, non ha mai mollato, nemmeno dopo lo 1-6 osceno rimediato in casa proprio contro il Friborgo a fine gennaio. Ha sempre difeso i suoi giocatori e nei momenti difficili li ha rivitalizzati. Ad esempio Koskinen, che anche durante la fase di grande brillantezza di Schlegel, ha sempre ricevuto il sostegno del proprio coach ed ha lavorato duramente per tornare determinante. E visto che parliamo di singoli, cosa dire del “grandissimo” finlandese Granlund, erede dei leggendari Peltonen e Nummelin, e ormai idolo dei tifosi? Per non parlare di Marco Müller, Zanetti (il ragazzino dimenticato da Mc Sorley), Alatalo, degli stranieri improbabili Bennett e Josephs, e del sempiterno e generoso Walker, il cui ritorno in squadra si è fatto sentire. E che dire di Morini e Fazzini, trascinatori e lottatori indomiti? Una domanda, allora, si impone: il brutto anatroccolo si è forse trasformato in cigno? Il Ginevra ci darà delle risposte. Auguri.
M.A.