Ticino, 15 aprile 2024

Tassa d’entrata per frontalieri La Lega di nuovo alla carica

Presentata un’iniziativa cantonale di Andrea Censi – presto anche una mozione a Berna

Torna alla ribalta la tassa d’entrata per i frontalieri, questa volta con un’iniziativa cantonale presentata dal granconsigliere Andrea Censi a nome del gruppo parlamentare della Lega.
 
Non è la prima volta che il Movimento va alla carica su questo tema. La prima proposta la presentò a Berna chi scrive, sottoforma di mozione al Consiglio federale. Era il 26 aprile 2016, quindi quasi esattamente 8 anni fa. Allora i frontalieri presenti in Ticino erano 62’500. Oggi sono 80mila, con tutte le deleterie conseguenze del caso. Per questa situazione, non lo ripeteremo mai abbastanza, possiamo ringraziare la partitocrazia eurolecchina, che ha rottamato la preferenza indigena votata dal popolo.
 
La mozione a Berna
La mozione Quadri prendeva spunto da una proposta del professor Reiner Eichenberger dell’Università di Friburgo. L’accademico poco tempo prima aveva sostenuto che, appunto, una tassa d’entrata per i frontalieri rappresentava una via percorribile. Con un duplice obiettivo: da un lato, contribuire alla difesa del mercato del lavoro locale; dall’altro, chiamare alla cassa i permessi G (o i loro datori di lavoro) per i costi generati dal traffico d’oltreramina. Vedi ad esempio l’usura delle infrastrutture viarie.
Ma anche le strade (nazionali, cantonali e pure comunali) quotidianamente infesciate da targhe azzurre comportano dei costi: il tempo perso in colonna ha un prezzo. Elevato.
Per non parlare degli aspetti ambientali. Però i climatisti, che sono in prima linea degli spalancatori di frontiere, sulle auto dei frontalieri non hanno mai nulla da dire: citus mutus! “Devono entrare tutti”!
 
Intanto sono 80mila
Nel 2016 come oggi, i frontalieri che arrivano in auto si spostano praticamente tutti uno per macchina. Secondo l’ultimo rilevamento, l’87% dei veicoli dei permessi G viaggia con a bordo il solo conducente.
La mozione a Berna non si esprimeva sull’ammontare della tassa d’entrata, né su chi dovesse pagarla: il frontaliere, il datore di lavoro, o entrambi in base ad una ripartizione da stabilire.
Inutile dire che la proposta, nel settembre del 2017, venne bocciata dalla partitocrazia compatta, esponenti ticinesi compresi. Nel frattempo i frontalieri presenti nel nostro Cantone sono diventati 80mila, ed anche le loro automobili sono aumentate in proporzione.
 
La base legale c’è
L’iniziativa cantonale Censi rileva che in Ticino negli ultimi 20 anni il tempo trascorso in colonna è aumentato del 360% (da 10’975 ore nel 2005 a 39’863 nel 2022).
L’iniziativa chiede l’introduzione di una tassa d’entrata “per veicoli a motore”. L’obiettivo sono evidentemente le vetture dei pendolari italici. Per il turismo (ipotesi nostra) sono certamente pensabili delle eccezioni.

La base legale per il provvedimento viene individuata nell’articolo 105 della Legge federale sulla circolazione stradale. Disposizione che, rileva Censi, “ è in vigore e non è mai stata contestata da nessuno”.
L’articolo in questione al capoverso 1 vieta espressamente ai Cantoni di istituire delle tasse di transito; al capoverso 5 tuttavia recita: “ La riscossione di tasse d’entrata sui veicoli a motore esteri è riservata alla Confederazione. Il Consiglio federale decide dell’introduzione di dette tasse”. Si tratta dunque di una questione di volontà politica. Segnatamente, di volontà politica del CF.
 
Sostegno da Ginevra
Visto che il problema del traffico generato dai frontalieri colpisce principalmente il Ticino, ma anche altri Cantoni, Censi ha già preso contatto con il Mouvement citoyens genevois, per sondare la disponibilità di detta formazione, “cugina” della Lega, a presentare nel parlatoio ginevrino un’iniziativa cantonale analoga.
Quanto alla suddivisione degli introiti dell’eventuale tassa, l’iniziativista ipotizza “ la creazione di un fondo, i cui proventi potrebbero poi venire ridistribuiti ai Cantoni in base al numero dei veicoli tassati, ed impiegati per le necessità delle strutture stradali o per altre spese”. Insomma, a questo livello c’è spazio per la creatività. Come sottolinea Censi, si tratta di “un’opportunità da cogliere”.
 
Ulteriore mozione in arrivo
Per arrivare a Berna, l’iniziativa cantonale leghista deve venire approvata al Gran Consiglio ticinese. Come si suol dire, “affaire à suivre”.
Nel frattempo comunque, visto che – specialmente sotto le cupole bernesi – i concetti vanno reiterati più volte, la Lega, tramite chi scrive, presenterà un’ulteriore mozione al governicchio federale, dal contenuto simile a quello dell’iniziativa cantonale.
 
Le prevedibili obiezioni
E’ chiaro: non ci vuole il Mago Otelma per prevedere le obiezioni che verranno sollevate. In particolare, il solito mantra della “parità di trattamento” prescritta da accordi internazionali del piffero (libera circolazione). La libera circolazione appare però sempre più un paravento dietro il quale nascondersi al grido di “sa po’ mia!”. Tutto per evitare di prendere decisioni nell’interesse nazionale, che però possono infastidire gli eurobalivi o gli Stati UE a noi vicini. Vale allora la pena ricordare che l’Italia dal dicembre 2022 (!) non applica l’accordo di Dublino. Si trova quindi in una situazione di illegalità. Eppure nessuno fa più un cip. Men che meno il governicchio federale. Berna riconosce dunque che la situazione in cui versa il Belpaese sul fronte del caos asilo giustifica la sospensione “sine die” degli obblighi imposti dal trattato di Dublino. Sarebbe il colmo se i camerieri bernesi di Bruxelles riconoscessero lo “stato di necessità” di Paesi stranieri, ma chiudessero gli occhi su quelli che si trovano in casa nostra. E l’invasione da sud, per quanto riguarda il Ticino, rientra certamente nella categoria.
 
O vuoi vedere che solo la Confederella deve sempre calare le braghe perché ormai si è ridotta a zerbino d’Europa, mentre gli altri Stati fanno i propri comodi a piacimento?

LORENZO QUADRI
*Dal MDD
 

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