Sicché anche l’Olanda nei giorni scorsi ha sospeso gli accordi di Schengen: tornano i controlli sistematici alle frontiere. Da parte sua, la Norvegia ha deciso di prolungare la sospensione in corso. Sale così a 9 il numero dei Paesi firmatari che attualmente non applicano Schengen: Olanda, Norvegia, Austria, Germania, Francia, Italia, Svezia, Slovenia e Danimarca.
Invece noi continuiamo a tenere le frontiere spalancate. Non contenti, costruiamo pure i nuovi centri asilanti extralusso (vedi lo stabile Pasture). Nel frattempo, la spesa per i finti rifugiati - ovvero per gente che nemmeno dovrebbe essere qui - continua a gonfiarsi come una rana. Specie in questo sfigatissimo Cantone “porta sud della Svizzera”, come dimostrano i dati di Preconsuntivo 2024 (vedi a pagina 4). Risultato: si spende sempre di più per gli asilanti e si risparmia sui ticinesi. Grazie, kompagno Beat Jans (P$)!
La posizione dell’esperto
Nei giorni scorsi la NZZ Am Sonntag ha pubblicato una lunga intervista al giornalista Beat Stauffer (non certo di “destra”) che da decenni si occupa della migrazione dal Maghreb. Sulla copertina del suo ultimo libro sul tema compaiono dei giovanotti in tenuta sportiva e occhiali da sole, che si scattano dei selfie su un battello.
E l’esperto ammonisce: dal Maghreb potrebbero arrivare ancora molti più giovani uomini rispetto ad ora. I motivi?
- Telefonini e social media fungono da moltiplicatori dell’immigrazione irregolare. Spesso i finti rifugiati si “mettono in scena” pubblicando sui social immagini abbellite, che non corrispondono alla realtà. In questo modo spingono altri giovanotti a tentare l’avventura. - Ci sono inoltre gruppi chiusi di facebook e affini che forniscono ai clandestini molte informazioni utili.
- I maghrebini sono ottimamente informati sulla situazione in Europa e sui trucchi da usare per ottenere ciò che vogliono.
- L’età (vera o dichiarata) degli asilanti scende, perché nei paesi di provenienza è risaputo che i migranti “minorenni” beneficiano di un trattamento privilegiato. Le famiglie incoraggiano i figli a partire sempre più giovani, con l’aspettativa che, una volta arrivati in Europa, manderanno soldi a casa.
- Gli aspiranti asilanti sanno benissimo che, se riescono a raggiungere il Vecchio Continente, poi ci resteranno per un bel pezzo. E, se anche le chance di vedere accolta la propria domanda d’asilo fossero dell’1%, per i finti rifugiati varrebbe comunque la pena tentare.
- Per secoli i paesi del Maghreb sono stati a stretto contatto con l’Europa. Solo negli anni 90, con la creazione dello spazio Schengen, è stata introdotta una cesura. Ma i maghrebini non intendono rimanere esclusi dei benefici dello spazio Schengen. - I migranti sanno benissimo che senza documenti non possono venire rimpatriati. Ci sono asilanti che si sono creati numerose identità diverse, e le autorità non sanno mai con chi hanno a che fare.
- Gli algerini respinti hanno un tasso di criminalità del 90%.
- I finti rifugiati che delinquono non si sentono in colpa: la mentalità è quella del “ci prendiamo quello che non ci vogliono dare” o addirittura “ci prendiamo ciò che ci è stato portato via col colonialismo”.
- Stauffer racconta alla NZZ il caso di un giovane magrebino arrivato in Svizzera anni fa da (presunto) minorenne. Costui ha trovato una donna disposta a sposarlo. - Per il matrimonio ovviamente erano necessari dei documenti. Che infatti, ma tu guarda i casi della vita, sono saltati fuori come per magia. E all’improvviso le autorità svizzerotte hanno scoperto che il giovanotto ha vissuto per anni in Svizzera con un nome che non era il suo, indicando un’età inventata ed un Paese di provenienza falso.
- Domandina facile-facile: quanti casi come questi ci sono?
Eppure, malgrado quanto sopra, continuiamo a tenere le frontiere spalancate e ad offrire prestazioni di lusso ai finti rifugiati. Ma bisogna davvero essere caduti dal seggiolone da piccoli!
Ma quale deterrente?
Quanto alle nostre carceri simili ad alberghi, sappiamo bene che non hanno alcun effetto deterrente sui migranti “in arrivo da altre culture”, che si tratti di finti rifugiati o altro.
I dati pubblicati nei giorni scorsi dall’Ufficio federale di statistica confermano che nelle prigioni elvetiche iI 70% dei detenuti è straniero. La percentuale è costante da qualche anno, ma è raddoppiata rispetto agli anni 80. Inutile dire che un tasso del genere si trova solo in Svizzera, poiché la mediana europea è sotto il 16% (sic!). E’ chiaro che il nostro Paese è diventato una calamita per la delinquenza straniera. Se poi si conteggiassero i detenuti naturalizzati di fresco, la percentuale di svizzeri incarcerati scenderebbe ancora.
Negare l’evidenza
Eppure, anche davanti ad un dato eclatante come quello sopra, i soliti presunti “esperti” pretendono di propinarci giustificazioni del piffero per negare che ci siamo riempiti di foffa d’importazione.
Ad esempio, cinque anni fa, il vicedirettore doppio-passaporto della Scuola di scienze criminali dell’Università di Losanna si lanciava in elucubrazioni sulle “diseguaglianze sociali”. Eh già: non sono gli stranieri ad essere delinquenti, sono gli svizzeri razzisti che non danno loro abbastanza soldi ed opportunità e quindi generano “diseguaglianze”. Sembra di sentire le fregnacce degli esponenti P$ dell’inutilissima e faziosa Commissione federale contro il razzismo. Tuttavia lo studioso binazionale già nel 2019 dichiarava: “ La popolazione con il passaporto svizzero sta invecchiando, mentre gli stranieri residenti sono più giovani. Una situazione che incide indirettamente anche sulla criminalità e, quindi, sulla popolazione carceraria, dove predominano gli uomini tra i 20 ed i 50 anni”. Quindi almeno si riconosce che, “grazie” al Triciclo, è in atto una sostituzione etnica. La Svizzera è sempre più sovrappopolata, ma i cittadini elvetici sono sempre meno. Ergo, come recitava un noto cartellone della Lega di quasi vent’anni fa, “ diventeremo come gli indiani nelle riserve”.
“Disumane e degradanti”?
Naturalmente i detenuti stranieri – il 70% del totale, appunto – devono anche essere trattati con i guanti: non sia mai che arrivi qualche Commissione del piffero a puntare il dito. Ed infatti nei giorni scorsi il governo giurassiano ha annunciato la chiusura del carcere di Porrentruy, dove le condizioni di detenzione sarebbero “disumane e degradanti”. Ö la Peppa! Condizioni “disumane e degradanti” nelle colonie penali della Confederella facciamo molta fatica ad immaginarle. Ci piacerebbe sapere come sono, invece, le condizioni di detenzione nelle prigioni dei paesi d’origine degli ospiti della struttura giurassiana, fossero anche Stati membri della fallita UE. Morale della favola: a medio termine bisognerà costruire un altro penitenziario, spendendo una barcata di milioni dei contribuenti. Questo quando tutti gli enti pubblici devono risparmiare perché “ l’acqua scarseggia e la papera non galleggia” (cit. Norman Gobbi).
LORENZO QUADRI
*Dal MDD