A dispetto della malattia Monzon sviluppa un fisico che con il tempo diventa potente. Il futuro campione del mondo dimostra subito di voler sfondare, ma a modo suo: niente scuola, e ti pareva; il suo obiettivo è quello di guadagnare. Per questo si adatta a fare il lustra scarpe, il cameriere e il muratore. Diventa anche ladro e la polizia lo sbatte in galera più volte, per la disperazione dei suoi famigliari. Poi diventa il bullo e il protettore di prostitute di un malfamato e misero quartiere di Santa Fé. Finalmente a 19 anni incontra la persona giusta, che farà di lui un grande campione. Si tratta di Amilcare Brusa. Nei dilettanti Monzon annienta tutti i suoi rivali, poi nel 1963 diventa professionista nella squadra di Tito Lectoure, direttore del Luna Park di Buenos Aires. La sua prima borsa è di 300 franchi svizzeri. Monzon ha una esplosività ed un pugno letali: combatte i primi 79 incontri in Sudamerica e quasi tutti in Argentina.
Nonostante qualche sconfitta umiliante (in un paio di circostanze finisce al tappeto), diventa campione argentino e poi sudamericano dei pesi medi. A livello internazionale ha incontrato solo due pugili degni di tal nome ossia Bennie Briscoe e Tom Bethea. Nella vita privata, intanto, non se la passa troppo bene: i soldi, il successo ed un carattere violento gli causano un sacco di problemi. Ma non solo: nel 1973, suo fratello Zacarias vienne ucciso da un colpo di pistola. Un brutto colpo. Ma El Indio, come ripeteva spesso, non si arrende mai. Con le donne poi, nonse la cava affatto male, anche se ha un brutto vizio: le picchia, e con una certa frequenza. Si sposa dapprima con Beatriz Garcia, dalla quale ha tre figli, poi si fidanza con l’attrice Susan Gimenez, definita la Brigitte Bardot della Pampa, e infine un altro figlio gli arriva da Alicia Muniz, una fotomodella uruguaiana.
Il 1987 segna la fine del pugile, sia come sportivo che come uomo: mentre si trova con Alicia in un albergo di Mar del Plata ha un alterco violento con lei. Dapprima la picchia, poi tenta di strangolarla e infine la getta dal terrazzo ancora agonizzante. Monzon, il campione che aveva vinto tutto e si era conquistato una fama planetaria, viene in seguito arrestato, anche se nega di aver ucciso intenzionalmente la fotomodella. Confessa in seguito di essere in preda agli effetti della cocaina. I giudici lo condanneranno a 11 anni di carcere ma dopo 7 di buona condotta esce in libertà vigilata. Ha ancora tanti amici disposti ad aiutarlo anche se lui ha perso la verve e la cattiveria dei bei tempi e in particolare dei suoi grandi match validi per il titolo mondiale con Nino Benvenuti.
Un giorno, qualche anno dopo i fattacci di Mar del Plata dirà "Da questo ring scenderò o vincitore o morto", riferendosi alle sfide con il campione triestino. Ricordiamo che Monzon era dotato di un allungo micidiale e di un pugno preciso e letale. Se ne accorsero tutti i suoi avversari, che cadevano a terra come birilli. Non venne risparmiato, appunto, nemmeno Nino Benvenuti che il 7 novembre del 1970 lo affrontò a Roma per la corona mondiale dei medi. Monzon vinse alla grande per KO alla dodicesima ripresa grazie ad un gancio distruttore alla mascella del rivale. Per gli argentini diventò un eroe, tanto che 500 mila persone lo accolsero in patria al suo ritorno. Nel 1971 si disputò la rivincita, questa volta a Montecarlo e Carlos si confermò il più forte del pianeta: al terzo round vinse per il getto della spugna mentre Benvenuti si arrabbiò con il suo angolo per la decisione. Monzon morirà nel 1995 in un incidente della circolazione. La città di Santa Fé gli ha dedicato un monumento. Gli argentini lo ricordano sempre con grande affetto.
JACK PRAN