In questo momento Vicky Mantegazza (presidente) e Marco Werder (CEO) stanno cercando di rimettere assieme i cocci; l'ex biancoblu, intanto, è stato lasciato a casa, ed è il minimo che si potesse fare; al posto del Giana è stato preso un monumento dell'hockey tedesco, Uwe Krupp (che ha vinto da giocatore due Stanley Cup). E in fondo questa scelta risolleva un poco il morale di un ambiente totalmente depresso. Ma le sfide che attendono la società sono difficilissime, sia a livello sportivo che di immagine. Il Lugano deve evitare i playout e provare, semmai, ad agganciare i play-in, cosa tutt'altro che semplice. Krupp basterà? Come società, Mantegazza e soci dovranno per contro ritrovare il feeling con i tifosi ma soprattutto tracciare un nuovo futuro. Partendo da un direttore sportivo credibile, che faccia solo gli interessi del club e che sia votato alla causa al cento per cento. Il nome? Steinmann, Ebbett, Vauclair e Dubé sono quelli più gettonati. Vedremo. Intanto siamo entrati nella crisi bianconera: dalla A alla Z, una sorta di alfabeto che parla di delusione, amarezze e sconcerto.
A come autocritica. Poca, impercettibile. Nessuna parola di rimprovero, nessuna analisi ferma o severa sull'operato dei principali attori. Le solite facce scure in conferenza stampa, con l'immancabile tirata d'orecchie alla stampa. Deludente.
B come bocciati: Dahlström, Sekac, Zohorna, Aebischer, Schultz (nelle poche partite giocate non si è visto), Carr, lo stesso Thürkauf, Guerra (preferito ad Andersson e Wolf), Huska, Arcobello e via dicendo...
C come Corner: sempre più vuota, sempre più buia. Il pubblico se ne sta andando. Eppure nessuno, sino a qualche giorno fa, pare se ne sia accorto.
D come dolore: la morte di Geo Mantegazza, inventore del Lugano e architetto dei grandi successi del club più glorioso del Cantone, ha certamente contribuito a svilire tutto l'ambiente. Un personaggio di grande spessore, un leader assoluto, un precursore. Dopo di lui (e Gaggini e Kaufmann), il vuoto più assoluto.
E come empatia: fra la società e i tifosi non esiste feeling, o quasi. Basta leggere sui social odascoltare i commenti radio-televisividi tifosi eccellenti. Altra nota dolente.
F come Fazzini: unico dei pochi, con Schlegel, a salvarsi dal marasma generale. Il ticinese ha dimostrato, a suon di gol e attitudine, grande attaccamento alla maglia.
H come Hnat Domenichelli: non ha mai veramente convinto. Vero: ha preso giocatori come Thürkauf, Carr e Joly che sino allo scorso anno hanno dato molto alla squadra ma ha rimediato clamorosi flop ed ha pure lasciato partire elementi che sarebbero potuto servire: Heed, Bürgler, Granlund, Klok, tanto per fare degli esempi. Con lui, in 6 anni, il Lugano non è andato oltre i quarti di finale.
L come Luca Gianinazzi: secondo la dirigenza competente, professionale, preparato e attaccato ai colori del club. Sarà. Nel primo anno e mezzo non ha sfigurato, ma nella stagione in corso ha mostrato chiari limiti di coaching, ha perso il controllo della squadra e non ha saputo trovare le giuste soluzioni tattiche. Senza contare che ha cambiato continuamente blocchi difensivi e offensivi.
M come Morini Giovanni: per il Lugano la sua è stata l'assenza peggiore. Giocatore fisico ed abile nello slot, autentico leader sul ghiaccio. Il suo rientro è atteso come il sole dopo la tempesta.
P come playout: uno spauracchio. Ma se continuano così i bianconeri si ritroveranno sul fondo e obbligati a spareggiare per la salvezza.
S come stagione: non tutto è ancora perso (vedi qualificazione ai play-in). Ma ora serve un cambio a 360 gradi. Di tutti. Per aiutare Krupp a capire e a trovare le soluzioni migliori.
T come Törmänen: ha cercato di portare consigli e idee a Gianinazzi. Ma sinora la sua opera è stata inutile. Stoico. Forse con Krupp le cose miglioreranno.
V come Vicky Mantegazza: faccia il presidente e si tolga la sciarpa del tifoso. La sua presenza e le sue parole sono sempre attese come il pane. Negli ultimi tempi è sparita. Ora è giunto il momento che dia la sua impronta.
RED.