Svizzera, 24 marzo 2025

La Croce Rossa raddoppia il fatturato con gli asilanti

“Spirito umanitario”? Il business dell’asilo gonfia le cifre dell’organizzazione

Ha un bel parlare la direttrice della Croce Rossa sezione Sottoceneri, Debora Banchini Fersini, quando invita gli abitanti di Rovio a “superare i pregiudizi” e ad aprire le proprie porte ai rifugiati afghani, da lei ritenuti inoffensivi in barba alla cronaca che vede i loro connazionali combinarne di cotte e di crude, tra corse assassine con l’automobile contro la folla e coltellate ai bambini nei parchi giochi (si legga la cronaca tedesca). La direttrice della Croce Rossa ha un bel parlare perché lei, nel malaugurato caso in cui l’arrivo degli asilanti a Rovio dovesse concretizzarsi, non dovrà convivere con i disagi causati dalla presenza di un folto gruppo di uomini soli. No, lei si limiterebbe a contabilizzare i benefici, alla pari del proprietario napoletano della fatiscente struttura alberghiera.
 
Stipendi da multinazionale
Forse non tutti lo sanno ma la Croce Rossa non è più quella fondata nel 1866 dallo svizzero Henry Dunant con l’obiettivo di sostenere il servizio sanitario del nostro Esercito. No, oggi la Croce Rossa è diventata una multinazionale che elargisce stipendi da mezzo milione l’anno (neh, Peter Maurer?), che presta il fianco alle peggiori organizzazioni terroristiche (neh, Hamas?) e che solo per quanto riguarda il nostro Paese possiede un patrimonio di oltre un miliardo di franchi, tra azioni, obbligazioni, immobili e altro. E sono proprio i soldi, i troppi soldi, ad aver causato quel terremoto che tra il 2022 e il 2023 ha sconquassato la Croce Rossa Svizzera, con il licenziamento dell’allora direttore Markus Mäder, che chiese un milione di buonuscita oltre allo stipendio di 250.000 franchi annui, e le successive dimissioni della presidente Barbara Schmid-Federer, ex consigliera nazionale PPD considerata “un’incapace” da parecchi dei suoi sottoposti. Proprio un bel siparietto per un’organizzazione che pretende di aiutare il mondo ma non è nemmeno in grado di aiutarsi da sola. Non sorprende che da allora le donazioni dei privati alla Croce Rossa svizzera siano fortemente calate.

 
Il coniglio dal cappello
Ma costoro hanno tirato fuori un altro coniglio dal cappello, che permette loro di continuare a crogiolarsi nel lusso. E qual è questo coniglio? Bravi, avete indovinato, è il business dell’asilo, nel quale la Croce Rossa si è messa ad attingere a piene mani. D’altronde lo Stato paga, e paga bene, coloro che mossi da puro spirito umanitario (hahaha) decidono di alloggiare richiedenti l’asilo. E così capita che il centro Al Suu di Bombinasco deve far sloggiare i suoi ospiti invalidi poiché nessuno – così ci è stato detto – sarebbe stato in grado di sostenere le spese necessarie a ristrutturare l’edificio. Nemmeno il Cantone – così ci è stato detto – avrebbe potuto permettere al centro malcantonese di proseguire la sua lodevole attività con gli invalidi o, in alternativa, di acquistarlo e destinarlo ad attività analoghe. Sembrava tutto così difficile. E poi chi ti salta fuori? Ma certo, la Croce Rossa, che apre il borsello, compra l’edificio di Bombinasco e lo destina all’alloggio di richiedenti l’asilo.
 
Pura beneficenza? Nient’affatto. Perché la Croce Rossa, con questi centri, racimola grandi quantità di denaro. Quanto per l’esattezza non si sa. La Croce Rossa, vicina a quegli ambienti sinistroidi che pretendono la massima trasparenza da qualsiasi azienda privata, non è altrettanto trasparente quando si tratta di divulgare le proprie cifre. Il rapporto di esercizio viene pubblicato ma le cifre non sono sufficientemente dettagliate per consentire di capire quando frutti il business degli asilanti.
 
In Ticino incassi da record
C’è però un dato abbastanza saliente, nel rapporto di esercizio 2023 (l’ultimo disponibile), ovvero che il Ticino è per la Croce Rossa il secondo cantone più redditizio, dietro soltanto al molto più popoloso canton Berna. In Ticino gli incassi sono ammontati a 42,936 milioni di franchi, in forte crescita rispetto ai 27,179 milioni dell’anno precedente e ai 22,986 milioni del 2021: più che a Zurigo o Ginevra. E questo primato non è stato ottenuto grazie alle donazioni, bensì alla generosità con la quale il nostro Cantone distribuisce i soldi incassati con le nostre imposte. Nel bilancio della Croce Rossa ticinese, infatti, solo 1,2 milioni arrivano da donazioni di privati, mentre 4,9 milioni sono stati incassati grazie a “forniture e prestazioni” e ben 36,6 milioni tramite “prestazioni su mandato dell’ente pubblico”. Scommettiamo che buona parte di queste “prestazioni” riguarda la gestione dei richiedenti l’asilo?
 
Sempre nuovi centri
D’altronde la Croce Rossa si è ben allargata, negli ultimi anni, in questo fiorente business. Oggi gestisce i centri di Cadro, Castione, Riazzino, Claro (questi ultimi due aperti entrambi nel 2023, ciò che giustifica il raddoppio degli incassi) e, ultimo arrivato, Bombinasco, a cui qualcuno vorrebbe aggiungere anche Rovio (speriamo di no). In questi centri lavorano curatori (uno per ogni asilante), formatori, educatori, operatori sociali, psicologi, mediatori interculturali, interpreti, personale sanitario, “case manager” e job coach, una pletora di professionisti che si portano a casa la pagnotta grazie al business dell’asilo. Non sorprende poi che certi partiti sinistrati ci dicano che dobbiamo accogliere più gente possibile, anche coloro che importano la loro mentalità arcaica, maschilista e spesso violenta. Non sorprende neanche che la direttrice della Croce Rossa sezione Sottoceneri, Debora Banchini Fersini, venga a dirci che dobbiamo “superare i pregiudizi”. Infatti, perché dovremmo essere prevenuti? In fin dei conti nel bilancio della Croce Rossa ci finiscono tutti, bravi e cattivi, belli e brutti.
 
R. D.
*Dal MDD

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