La prossima settimana, Noel Quinn diventerà con tutta probabilità il nuovo presidente del consiglio di amministrazione di Julius Bär, la seconda banca privata grande della Svizzera dopo UBS. L'elezione del britannico al posto dello svizzero Romeo Lacher non è per nulla un'eccezione nelle grandi aziende svizzere. Secondo l'ultimo rapporto Schilling, che analizza la composizione dei consigli di amministrazione delle 100 maggiori aziende svizzere, la quota di stranieri nella direzione aziendale non è mai stata così alta come nel 2025. Oggi, il 49% dei membri della direzione aziendale non ha un passaporto svizzero.
Per quanto riguarda le nuove assunzioni, la quota di stranieri è ancora più alta: secondo il rapporto, ora si attesta al 63%. Questa cifra maschera però il calo significativo della rappresentanza degli svizzeri nelle grandi aziende del Paese, proprio quelle con il peso maggiore e il maggior numero di dipendenti. Nelle prime cinque aziende dell'indice SMI, i CEO e i presidenti dei consigli di amministrazione provengono dall'estero: Nestlé, Roche, Novartis, Zurich e Richemont.
Le uniche due aziende nella Top 10 con un CEO svizzero sono ABB, con l'argoviese Peter Voser, e UBS con il ticinese Sergio Ermotti dal Ticino. Il calo della presenza svizzera ai vertici delle grandi aziende si è recentemente aggravato: quando Sergio Ermotti è passato da Swiss Re a UBS, la presidenza è stata affidata a un belga. Contemporaneamente, Swiss Re ha sostituito il suo CEO svizzero con un tedesco. Presso il colosso del cemento Holcim, lo svizzero Beat Hess ha ceduto la presidenza a un tedesco, che a sua volta ha nominato un australiano come CEO. Swiss Life e Swisscom sono le uniche società quotate in borsa ad essere guidate da cittadini svizzeri, sia nel consiglio di amministrazione che a livello dirigenziale.