C’è un parallelismo che pochi osano tracciare, ma che alla luce della storia recente appare sempre più evidente: Jorge Mario Bergoglio è stato, per certi versi, il “Donald Trump” della Chiesa cattolica.
Dopo il rigore dottrinale e teologico di Benedetto XVI – un Papa immenso sotto il profilo della dottrina ma incapace di imprimere una svolta pastorale efficace – i cardinali hscelsero nel 2013 una figura radicalmente diversa: un outsider argentino, dal piglio popolare, talvolta populista, sicuramente "disruptive" cose si ama dire in ambito tecnologico. Francesco è entrato in Vaticano come uno tsunami: gesti nuovi, parole nuove, toni nuovi. E, soprattutto, una costante sfida al potere curiale, a quella “casta” ecclesiastica romana che da secoli gestisce, condiziona e magari paralizza il governo della Chiesa universale.
Con rispetto e onestà, va riconosciuto: Bergoglio ha avuto il coraggio di dire cose scomode, di affrontare questioni tabù, di riportare la Chiesa al centro del dibattito culturale e politico globale. La sua voce ha rotto silenzi su povertà, guerre, ambiente e ipocrisie interne alla stessa Chiesa.
Come Trump, anche Francesco ha dovuto combattere una battaglia interna durissima. L’uno contro lo “Stato Profondo” americano, l’altro contro la burocrazia vaticana, che ha cercato in ogni modo di limitarne il raggio d’azione, di frenarlo, di svuotare le sue aperture prima che diventassero riforme canoniche. Perché è vero: molte delle istanze progressiste di Francesco – dalla misericordia verso i divorziati risposati alla pastorale LGBTQ+ – sono rimaste più nella comunicazione che nel diritto canonico. E questo intoppo è capitato per mancanza di volontà? O per la feroce resistenza interna?
Non si tratta di giudicare – qui non è in discussione la fede né l’ortodossia – ma di riconoscere: Bergoglio ha incarnato una rottura, un’eccezione storica. E, proprio come le presidenze Trump, il suo pontificato verrà studiato per decenni. Naturalmente, il parallelo tra Francesco e Trump è una provocazione storico-politica. Le differenze tra i due– per stile, contesto, valori – sono immense. Ma a volte, nei contrasti, si colgono meglio le somiglianze.