TIBET/CINA - Reincarnazione contesa. A 90 anni, il Dalai Lama ha confermato che la sua futura reincarnazione avverrà secondo la tradizione tibetana e sarà riconosciuta esclusivamente dal Gaden Phodrang Trust, l’istituzione fondata da lui stesso. Una sfida diretta al potere cinese, che già da anni rivendica l’autorità di approvare ogni reincarnazione tramite un’antica procedura imperiale. "Solo il popolo tibetano può decidere", ha ribadito il Dalai Lama.
Tensione con Pechino. La Cina ha reagito con durezza, definendo “illegittima” ogni reincarnazione non approvata dallo Stato. Secondo il Partito Comunista, anche la scelta spirituale deve sottostare al controllo delle autorità centrali. Pechino è pronta a imporre un proprio “Dalai Lama”, designato attraverso l'antico rituale dell’"urna d’oro", già utilizzato per creare una figura parallela del Panchen Lama nel 1995, mai riconosciuta dalla diaspora tibetana.
Minaccia alla cultura tibetana. La prospettiva di una doppia reincarnazione – una riconosciuta dal Tibet in esilio e l’altra dalla Cina – rischia di creare una frattura devastante nella comunità buddhista e nella già fragile identità culturale tibetana. Amnesty International ha denunciato l’ingerenza cinese come una violazione della libertà religiosa, mentre i leader tibetani in esilio temono un futuro segnato da divisioni e repressione.
India e Occidente osservano. L’India, che ospita il Dalai Lama e il governo tibetano in esilio, ha difeso la libertà di scelta del leader spirituale. Anche gli Stati Uniti si sono detti contrari a ogni interferenza cinese nel processo di reincarnazione. Il caso rischia di inasprire le relazioni tra Pechino e Nuova Delhi, già tese per motivi geopolitici, e di trasformare la successione del Dalai Lama in un nuovo fronte di scontro internazionale.
Fonte: Reuters, AP