Una recente decisione della Corte di giustizia dell'Unione europea preoccupa la Lega dei Ticinesi che, con un comunicato stampa, denuncia "un gravissimo attacco alla capacità degli Stati di gestire con fermezza le proprie politiche d'asilo". Secondo il movimento di via Monte Boglia, "con questo verdetto, si limitano ulteriormente i criteri per classificare un paese come 'sicuro', rendendo quasi impossibile il rimpatrio dei migranti la cui richiesta d'asilo è stata respinta".
"Ne consegue - prosegue la nota - che chi non ha diritto di restare, oggi non può nemmeno essere rimandato a casa". La Lega critica inoltre l'autorità federale competente, la Segreteria di Stato della migrazione (SEM) per il suo atteggiamento "lassista e remissivo", che porterà "sicuramente" a un adeguamento di questa sentenza, "senza la minima resistenza politica o istituzionale".
"Così facendo, si dà il colpo di grazia a una politica di rinvii già fragile, lenta e inefficace, che da anni fallisce nell'obiettivo di ristabilire ordine e giustizia nel sistema migratorio. La Svizzera si sta trasformando, senza dirlo apertamente, in un porto sicuro per chiunque, anche senza alcun diritto, con costi umani, economici e sociali a carico della nostra popolazione".
Per questo il nuovo pacchetto di accordi con l'UE, "che Berna continua a inseguire con entusiasmo inspiegabile", non sarebbe altro che una "resa politica camuffata da cooperazione" in quanto "ogni passo verso Bruxelles è un passo indietro nella difesa della nostra sovranità e dei nostri confini".
"L'UE ormai incapace di gestire l'immigrazione in modo serio, spalanca le porte ai migranti economici che sfruttano il sistema sociale, mentre ostacola legalmente i rimpatri e protegge chi rifiuta di integrarsi. E a farne le spese è il Ticino, prima regione di frontiera, dove i costi e le conseguenze si fanno sentire in modo diretto e concreto".
La Lega dei Ticinesi, in conclusione, "lancia un allarme chiaro: senza coraggio politico, la Svizzera perderà il controllo del proprio destino. Senza sovranità, siamo ostaggi di decisioni prese altrove, da chi non conosce la nostra realtà, non vive i nostri problemi e non paga il prezzo delle sue sentenze".