Svizzera, 18 gennaio 2019
Il terrorista Baragiola rompe il silenzio: "Pronto all'ergastolo se l'Italia dovesse chiederlo"
In un'intervista pubblicata oggi dal portale Ticinonline l'ex brigatista Alvaro Baragiola rompe il silenzio a proposito della sua latitanza e si dice pronto a scontare l'ergastolo per i reati per cui non è stato condannato, se l'Italia dovesse chiederlo. Baragiola è salito agli onori della cronaca dopo l'arresto e l'estradizione di un altro terrorista comunista, Cesare Battisti, che ha riaperto il dibattito intorno ai terroristi italiani fuggiti all'estero e che non hanno mai (o, come nel caso di Baragiola, solo parzialmente) scontato la pena per i crimini per cui sono stati condannati.
La vicenda è rimbalzata anche in Svizzera per la presenza nel nostro paese di Baragiola, che ha anche il passaporto svizzero avendo la madre svizzera, e la richiesta della Lega dei Ticinesi si estradare il terrorista in Italia in modo che sconti la pena per le condanne inflitte in Italia.
Nell'intervista pubblicata oggi Baragiola spiega perchè, a suo dire, non ha ancora scontato la pena per le condanne italiane. Il motivo sarebbe il lassismo delle autorità italiane, "forse perché il dossier dell’exequatur è stato affidato a qualche funzionario cialtrone e incompetente; non lo so, ma è evidente che il problema sta da quella parte" afferma l'ex brigatista, riferendosi all'Italia.
Se da una parte contesta l'idea di una sua estradizione verso l'Italia senza che quest'ultima ne faccia
richiesta ("equivarrebbe a una deportazione alla boliviana, che la Confederazione non prevede") dall'altra Baragiola si dice disposto a scontare l'ergastolo inflittogli dai giudici italiani se l'Italia lo chiedesse. "Se ora l’Italia decidesse di muoversi con una richiesta come quella che ipotizza (di scontare l'ergastolo in Svizzera), io l’accetterei senza obiezioni, almeno metteremmo la parola fine a questa vicenda".
Più in generale, Baragiola ritiene che l'Italia non abbia mai veramente voltato pagina dai fatti avvenuti durante gli anni di piombo, come il sequestro e l'omicidio di Aldo Moro, e che il suo paese continua a perseguire quella che lui chiama una "politica della vendetta". "Entriamo nel cinquantenario del lungo ’68, dopo mezzo secolo si dovrebbe poter trattare le cose storicamente, ma non è così, sembra che i fatti siano avvenuti ieri" afferma.
Da una parte Baragiola non si ritiene un terrorista o un nemico pubblico ma quando gli viene chiesto cosa contesta della lettura dei fatti che hanno portato alle sue varie condanne lui non risponde, limitandosi a fare un paragone con la seconda guerra mondiale, i cui criminali non sarebbero stati perseguiti con lo stesso zelo con cui è stata data la caccia ai brigatisti come lui e accusando l'ultima commissione parlamentare italiana che si è occupata del caso Moro di aver "mancato l'occasione".