Svizzera, 13 maggio 2019
Aveva combattuto contro l'ISIS in Iraq, assolto uno svizzero
Si era unito alle milizie curde che combattevano l'ISIS e ,nonostante il divieto per cittadini svizzeri di prestare servizio per eserciti stranieri, non sarà condannato. La giustizia militare elvetica ha infatti assolto un "foreign fighter" svizzero che si era recato in Iraq per aiutare i curdi nella lotta contro lo Stato Islamico. Secondo quanto si legge nellaa sentenza, riportata domenica dal "SonntagsZeitung", l'uomo non avrebbe prestato servizio militare per uno Stato terzo.
Il Tribunale militare, riunitosi a La Chaux-de-Fonds (NE) per decidere in merito al caso di un 66enne vodese con la doppia cittadinanza svizzera ed irachena, ha appurato che l'uomo ha partecipato alle operazioni di guerra contro l'Isis in Iraq nel 2014 e nel 2016.
In Svizzera l'articolo 94 del Codice penale militare vieta di combattere per eserciti stranier perchè: ciò metterebbe a rischio la neutralità del paese.
Accogliendo tuttavia una dichiarazione del governo regionale curdo presentata dal legale dell'imputato secondo cui l'uomo non avrebbe mai ricoperto nessuna funzione militare, non è mai stato membro dell'esercito curdo e ha solo lavorato in qualità di "consigliere politico",
la Corte ha assolto il 66enne in base al principio "in dubio pro reo".
Il Tribunale precisa che nel caso si è trovata in una cosiddetta zona grigia. Non è infatti chiaro in che cosa consistesse esattamente il lavoro dell'imputato e cosa fosse la differenza tra l'attività politica e militare nelle milizie dei curdi.
Non è il primo caso in cui una persona con passaporto svizzero è stata processata per aver combattuto l'ISIS. Lo scorso febbraio un uomo residente nel locarnese, di origini siro-aramaiche, era stato condannato lo scorso febbraio a Bellinzona dal Tribunale militarea 90 aliquote giornaliere sospese condizionalmente per tre anni e al pagamento di una multa di 500 franchi per aver combattuto in Siria contro l'Isis in una milizia cristiana.
In quel caso secondo la corte le azioni del "foreign fighter" ticinese avevano effettivamente messo a rischio la neutralità della Svizzera, violando l'articolo 94 del Codice penale militare. All'uomo erano tuttavia stati riconosciuti i "motivi onorevoli" per aver difeso una minoranza minacciata. Ciò aveva portato di conseguenza al dimezzamento della pena richiesta dall'accusa.