Criticare il capo e la direzione dell'azienda per cui si lavora su WhatsApp non giustifica il licenziamento. È la decisione della Corte suprema del Canton Zurigo, che ha annullato il licenziamento di una donna e obbligato la ditta per cui lavorava a risarcirla.
Come riporta "20 minuten", i fatti risalgono a giugno del 2017. Una donna aveva criticato il suo capo e la direzione della ditta in cui era impiegata attraverso dei messaggi mandati tramite l'applicazione di messaggistica WhatsApp a un collega.
Essendo il telefono usato per mandare i messaggi di proprietà dell'azienda, la direzione li ha letti, decidendo così di licenziare la donna. Oltre alle critiche rivolte al capo, definito nei messaggi un “fobico sociale”, dai messaggi era emerso che i due colleghi stavano facendo mobbing su un terzo dipendente dell'azienda, che in quel periodo era a casa fingendosi malato.
La compagnia controllava regolarmente i telefoni aziendali. Voleva impedire ai dipendenti di installare applicazioni private su dispositivi destinati esclusivamente all'uso professionale.
È stato proprio durante uno di questi controlli che la donna era stato pizzicato. Aveva rimosso la scheda SIM, ma non sapeva che le conversazioni di WhatsApp erano state salvate sul telefono. La compagnia ha quindi avuto accesso alle conversazioni.
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