Lunedì scorso è iniziato al Nazionale, il dibattito sull’iniziativa per la disdetta dell’accordo sulla libera circolazione delle persone. 81 oratori iscritti, due relatori di maggioranza, una relatrice di minoranza (la sottoscritta), porta-voci dei gruppi hanno dimostrato che il tema interessa, tanto da non riuscire a terminarlo in tempo, rimandando così la decisione finale del Nazionale a mercoledì 25.09. Dal 2002 le conseguenze della libera circolazione nel nostro Paese sono state un lento e costante declino verso il peggioramento delle condizioni di lavoro dei lavoratori in Svizzera. Misure fiancheggiatrici, introduzione di contratti normali di lavoro, alzamento di limiti IVA, controllo di commissioni paritetiche e tripartite di salari, contratti e condizioni di lavoro, dumping salariale. A chi giova tutto ciò? Potrei rispondere provocatoriamente ai “sindacati”, ma non è il caso.
In Canton Ticino, la situazione è peggiorata nel corso di questo decennio, complice anche la situazione economica nelle regioni italiane a noi confinanti, con una disoccupazione che raggiunge numeri a due cifre. I frontalieri sono aumentati di 10000 unità l’anno, partendo da 20000 e raggiungendo quota oggi 66000. Sono stati creati in Ticino 40000 posti di lavoro? No, direi di no. E allora cosa è successo? E’ successo che l’effetto sostituzione si è fatto sentire. Lavoratori svizzeri e residenti sono stati lasciati a casa e al loro posto sono stati presi lavoratori provenienti da oltre confine, che costano meno. La quota della manodopera straniera in Canton Ticino è particolarmente alta: 18% di lavoratori provenienti dall’EU e oltre il 27,5% di frontalieri, per un totale del 45.5%. Il problema è il rovescio della medaglia, e cioè le conseguenze sociali che questo tipo di immigrazione sta portando alle nostre latitudini. I giovani non trovano più un posto di lavoro e le persone oltre i 50 anni, rischiano di essere lasciate a casa da un momento all’altro, ritrovandosi poi, una volta esaurita l’indennità di disoccupazione, a carico dell’aiuto sociale. E sulle proposte di flessibilità dell’età pensionabile fino a 70 anni, che arrivano dal PLR, ci sarebbe da ridere, se non fossero da piangere.
Come responsabile del Dicastero socialità della città di Chiasso, vedo quotidianamente questi casi a cui la politica non è in grado di dare una risposta. Cosa rispondere ad un ragazzo o a una ragazza che ha fatto le scuole da noi e che non riesce a trovare un lavoro degno di tale nome? Cosa rispondere al padre di famiglia, finora dirigente bancario, che a causa dello smantellamento della piazza finanziaria ad opera della sinistra e dei partiti di centro, non riesce più a far fronte ai