Opinioni, 12 ottobre 2019

Michele Moor: per una socialità sicura

Pochi temi sono più complessi, ingarbugliati e dall’esito incerto di quelli legati al futuro delle pensioni. Un tema che non ha evidentemente il sex appeal di altri argomenti, altrettanto scottanti, ma in grado di suscitare dibattiti più coinvolgenti. Eppure, molti cittadini sono preoccupati per il loro futuro pensionistico, coscienti del fatto che le nostre istituzioni sociali sono indebitate e la Svizzera si trova davanti a un bivio che richiede scelte forti.
 
Il tempo per le riflessioni, però, è scaduto e nel corso della prossima legislatura bisognerà adottare provvedimenti che vengono rimandati da vent’anni, a causa di giochi di potere tra destra e sinistra.
Quello che sappiamo per certo è che, ad oggi, al di là delle differenti visioni espresse dagli schieramenti politici in questi anni, non si è riusciti neppure a garantire la sicurezza del primo pilastro. È dal 2014 che le rendite da versare superano i contributi. Quando cominceranno ad andare in pensione i “baby boomer”, la situazione diventerà esplosiva. I costi sono presto fatti: nel prossimo decennio si passerà dagli attuali due milioni e trecentomila beneficiari di rendite, ai tre milioni e seicentomila. Tra venticinque anni le uscite raddoppieranno. I due miliardi di franchi all’anno decisi in votazione popolare, pochi mesi fa, basteranno solo fino al 2023. Non sarà sufficiente la proposta fatta di recente dal Consiglio Federale:
 
- l'allineamento graduale dell’età pensionabile a 65 anni per le donne – comunque inevitabile, ma che non dovrà gravare sul gentil sesso: la mancanza di contributi, causata ad esempio dalla maternità, deve essere compensata, così come sarà necessario migliorare la condizione delle donne e delle persone a basso reddito.
 
- la flessibilizzazione dell’età di pensionamento tra i 62 e i 70 anni;
- l'aumento dell’IVA dello 0,7%, un provvedimento al
quale sono contrario perché, oltre ad essere antisociale, rischia di compromettere i consumi.
 
Situazione simile per il secondo pilastro, che è stato peraltro stravolto, dal momento che i capitali accumulati oggi non servono solo a finanziare le rendite degli affiliati, ma anche quelle di terzi. Invece di illudersi che siano sufficienti solo palliativi, i contributi salariali al secondo pilastro dei lavoratori più anziani devono essere ridotti, dando al contempo alle imprese la possibilità di sfruttare al meglio le vaste competenze dei lavoratori con molti anni di esperienza alle spalle. Inoltre, i contributi al secondo pilastro non devono essere versati dall’età di venticinque anni, ma già a partire dai venti. Con questo piccolo accorgimento, il patrimonio di vecchiaia risparmiato potrà essere aumentato, accrescendo a sua volta la pensione di vecchiaia. In un Paese come il nostro dobbiamo poter contare su una società che sappia garantire a tutti una base economica sicura, che sia in grado di sostenere le persone in difficoltà e che combatta attivamente le frodi assicurative sociali. Problema di cui non si parla mai abbastanza, poiché ci si dimentica troppo spesso che la responsabilità individuale e la solidarietà sono indispensabili per garantire il finanziamento sostenibile delle nostre istituzioni sociali. Pertanto, è necessario adottare criteri più rigorosi per l’attribuzione delle prestazioni complementari e una maggiore equità nelle pensioni AI, oltre a una migliore lotta contro gli abusi sociali.
 
Ricette miracolose non ne esistono, ma il giusto equilibrio tra le esigenze dei pensionati, quelle del mondo del lavoro e la situazione delle finanze dello Stato è l’unico modus operandi in grado di superare barriere e steccati tra gli schieramenti politici che, sino ad oggi, hanno quasi provocato la paralisi del sistema pensionistico.

Michele Moor

Candidato al Consiglio Nazionale
Lista 1 Candidato 4

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