Ticino, 25 maggio 2020

Intervento in Gran Consiglio di Boris Bignasca a nome della LEGA sul tema Covid19

Il Covid19 è l’avvenimento storico del 2020 che ha tragicamente cambiato le nostre vite. In Ticino contiamo 347 decessi e circa un migliaio di persone ospedalizzate. Sono numeri drammatici, che hanno colpito persone e famiglie di questo paese. Sul perché di questo dramma, ci interroghiamo oggi e ci interrogheremo anche in futuro.

Siamo stati colpiti duramente perché inesperti!? Siamo stati colpiti duramente perché imprudenti!? Siamo stati colpiti duramente solo per la sfortuna di confinare con la regione che è stata, per un periodo di tempo non trascurabile, il focolaio principale di Covid19 del mondo occidentale!?
Ora - in questa fase 2 - possiamo permetterci in quest’aula una sorta di debriefing. Una fine primo tempo. Diciamo che andiamo negli spogliatoi sapendo che abbiamo giocato come meglio potevamo. Hanno lavorato eroicamente gli operatori sanitari che ringraziamo di cuore e hanno lavorato con abnegazione tutti gli addetti ai servizi essenziali. E ringraziamo inoltre i cittadini che hanno compiuto – ovviamente controvoglia e qualche muso lungo - il gesto di sacrificare parte della propria libertà a favore del bene comune e della salute.

Ora il nostro compito è quello di fare un’analisi. Un’analisi tesa non tanto a trovare colpevoli, ma a migliorare per poter agire meglio nel caso di una seconda ondata di Covid19 o all’arrivo di una prossima emergenza. Per il secondo tempo – che speriamo non arrivi mai - dovremo essere pronti. Si vis pacem, para bellum.

L’umanità, infatti, si è sempre confrontata con le malattie e le epidemie, dalla peste, alla Spagnola, dal vaiolo all’AIDS. E le malattie infettive, per loro natura, oltre ad essere un argomento medico, diventano argomento di discussione politica, perché le decisioni per arginare le epidemie e le malattie infettive devono essere prese a livello di società, città, cantoni, nazioni e non riguardano tendenzialmente solo il rapporto tra medico e malato, come nel caso di altre malattie, ma riguardano la società intera. Dunque è ovvio che medici, scienziati e decisori politici abbiano lavorato a insieme, mettendo a confronto tesi e antitesi e cercando di decidere al meglio.

Dunque il Covid19 è politico e per questo abbiamo deciso di parlarne
in questa sede politica, con tutti i pregi e difetti che questa sede parlamentare può avere. Questo dibattito parlamentare è un’occasione di confronto democratico importante. Siamo però abbastanza certi che, aver delegato le decisioni politiche agli esecutivi e aver aspettato di essere almeno fuori dalla fase 1 per iniziare questo dibattito parlamentare, possa facilitare una discussione più serena.

Dunque a bocce ferme possiamo dare un giudizio sul Governo, che deve partire dalla premessa che questa è stata una sfida nuova. Una sfida senza compiti a casa, senza test di preparazione. Un’immersione nell’acqua gelida. Uno shock. E dunque possiamo dire grazie. Grazie a voi consiglieri di Stato, ai funzionari, agli staff, ai membri dello stato maggiore. Grazie per averci portato o aver tentato di portarci fuori dalla tempesta, dentro ad un porto sicuro. Avete adempiuto in maniera egregia al compito che i cittadini vi hanno dato con la vostra elezione.

Fatta questa premessa, arriviamo agli errori alle discrepanze e alle lezioni apprese, che ci servano nel presente e in futuro.

Di fronte a questa sfida nuova si sono confrontati, fondamentalmente due modelli. Due paesi importanti e stimati a livello internazionale, che hanno preso due strade opposte. La Korea del sud e la Svezia. Il primo modello – riassumendo all’osso - fatto di test, contact tracing, lockdown e mascherine. Il secondo modello – quello svedese – fatto di responsabilità individuale, nessun lockdown e invito alla quarantena per le categorie a rischio.

In Europa si sono dunque presi questi modelli e si è cercato di applicarli. In Svizzera le misure possiamo dire che sono state in qualche modo “sia svedesi che coreane”. Misure pragmatiche. Proporzionali. Qualche volta incoerenti. Si è lavorato per compromessi, errori e tentativi. Forse l’errore principale è stato quello di lavorare giorno per giorno. Si è sempre “corso dietro” al virus e non si è mai cercato di anticiparlo. I numeri dell’Austria o del Veneto dimostrano come l’applicazione di certi modelli – come la chiusura delle frontiere per tempo e il contenimento dei focolai - possano portare a situazioni migliori.

Boris Bignasca per il gruppo della Lega

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