Non hanno nulla a che fare con il ricordo di George Floyd, il cittadino afroamericano ucciso da un poliziotto a Minneapolis il 25 maggio scorso, le scene che nelle scorse giornate abbiamo visto associate a molte delle proteste del movimento Black Lives Matter: graffiti, vandalisimi, incendi e, cosa più interessante, assalti alle statue. Negli Stati Uniti e in Europa la protesta ha preso di mira le statue di numerosi personaggi storici, attaccate perchè rappresentanti “razzisti”.
Il caso più celebre è avvenuto a Londra, ove il memoriale del primo ministro Winston Churchill è stato sfregiato con una scritta in bomboletta: “era un razzista”. Una mossa ingiustificata che riporta alla mente numerose polemiche sulla figura di Churchill divenute di dominio pubblico dopo l’uscita nelle sale del film sul primo ministro britannico, L’ora più buia, nel 2017.
Il politicamente corretto, come vedremo, eleva a manovra sistemica e strutturale la corsa alla damnatio memoriae. Plutarco ci ricorda che nel 44 a.C. Giulio Cesare, assalito in Senato dai congiurati, cadde assassinato vicino alla statua di Gneo Pompeo. Il feroce rivale della guerra civile, certo, ma anche un protagonista della storia di Roma che il dictator non aveva voluto cancellare dalla memoria collettiva, con un atto di civiltà che troppo spesso manca a chi oggi pretende di riscrivere il passato col senno di poi.
Ma nel mondo di oggi la “guerra alle statue” si è intensificata ovunque: negli ultimi decenni, escludendo casi come quello della statua di Saddam Hussein a Baghdad, rimossa nel 2003 dopo l’occupazione militare statunitense, sono numerosi i casi in cui la caduta o l’assalto delle statue ha rappresentato, per popoli, governi, manifestanti, un atto fortemente politico.
Da Lenin a Nagy, il caso del mondo post-comunista
Buonanotte, Signor Lenin è una delle opere più famose del giornalista Tiziano Terzani, e racconta il viaggio compiuto nel 1991 dal cronista fiorentino nell’Unione Sovietica che si avviava alla fase terminale della sua storia. Sorpreso dalla notizia del golpe contro Gorbaciov mentre era al seguito di una spedizione russo-cinese sull’Amur, Terzani iniziò un viaggio attraverso le repubbliche componenti la superpotenza comunista, in cui le spinte autonomiste si facevano sempre più forti.
Ovunque, dal Kazakistan all’Armenia, per arrivare all’Ucraina e alla stessa Russia, le pulsioni indipendentiste dei popoli sovietici si manifestavano nell’abbattimento delle statue di Lenin, identificate con il declinante mondo comunista: la caduta del fondatore dell’Urss implicava, simbolicamente, la fine della sua creatura politica. Ma, e questo Terzani lo colse fin dalle prime battute, molto spesso il cambiamento era unicamente di facciata: la caduta di Lenin era lo spot mediatico con cui i governanti di numerosi Paesi si riciclarono da maggiorenti locali del Partito Comunista sovietico a presidenti delle nazioni indipendenti.
Più recentemente, nel 2007, l’Estonia fu scossa da gravi tensioni interne e da una dura crisi diplomatica con la Russia dopo la decisione di rimuovere il monumento del Milite Liberatore sulla collina di Tõnismägi, nel centro di Tallinn, raffiugrante un soldato sovietico a ricordo della lotta contro l’occupazione tedesca nella Seconda guerra mondiale. In nome della spinta autonomista di Tallin dalla Russia e dell’avvicinamento all’Occidente, culminato nell’ingresso dell’Estonia nell’Unione europea e nella Nato, l’invasione sovietica del Paese nel 1940 venne paragonata a quella del 1944 che portò alla cacciata dei nazisti e il monumento, raffigurante un soldato estone e costruito da scultori estoni, abbattuto. Tutto questo in sfregio alle decine di migliaia di estoni caduti combattendo nell’Armata Rossa contro l’invasore tedesco.
Le statue, mute testimoni della storia, possono diventare estremamente ingombranti. Tanto che perfino l’epopea di una nazione può essere depennata in nome della Realpolitik e degli interessi di breve periodo. Lo sanno bene in Ungheria, ove il premier Viktor Orban ha fatto rimuovere dal centro della capitale Budapest, nel 2018, la statua rappresentante il leader della corrente riformista del