Ticino, 16 giugno 2020

“Ho vinto un nemico durissimo. E adesso mi riprendo la vita”

*Dal Mattino della Domenica

“Quando ho visto lo striscione davanti alla porta del mio bar (Ben tornato Fabrizio! ndr) mi sono reso conto che l’ incubo era veramente finito. E allora mi ha assalito un senso di commozione: quelle parole erano un invito a riprendermi in mano la vita, che per troppo tempo era stata in balìa di un virus che alla fine, grazie all’aiuto di medici e infermieri, ho sconfitto…”.

Fabrizio Ferracini, popolare cuoco e ristoratore del Bellinzonese, è reduce da una lotta strenua contro il coronavirus. L’ex consigliere comunale della Lega di Bellinzona, ha vissuto due mesi con l’ansia e la paura di perdere la partita della vita e di non rivedere più le persone che ama di più. Si è aggrappato alla speranza con la forza della disperazione, non l’ha mollata un attimo, nemmeno quando sembrava che le forze gli venissero meno. 

“Ho visto la morte in faccia” afferma commosso all’inizio dell’intervista che ci ha concesso nei giorni scorsi nel suo locale di Claro (Osteria della Posta), attorniato dall’amico Giorgio e dall’amorevole moglie Sonia, “una delle ragioni della mia vita”. Un colloquio schietto, a cuore aperto, senza giri di parole perché, afferma Fabrizio, “voglio mandare un messaggio di speranza a tutti coloro che stanno lottando per la vita e ai loro famigliari. Non mollate mai! Mi auguro che dopo questa gravissima crisi provocata dal virus, gli uomini ritorneranno a volersi bene”.
 

Da ottobre ad oggi la vita di Fabrizio ha subito forti scossoni. “ Andava tutto a gonfie vele, fin quando si è presentato alla porta il virus. Mi pare che fosse all’inizio della seconda settimana di marzo. Mia moglie Sonia lo sa di preciso perché ha tenuto un diario… ” o la cronaca, cioè, di una lunga odissea e di un percorso di incertezza terminato solo domenica 7 giugno, quando Fabrizio è finalmente tornato a casa. È il racconto di una vita riconquistata:“Sono stato intubato per cinque lunghe settimane, non parlavo e mi sentivo debolissimo. Non sentivo dolore fisico ma ero affranto: avevo paura di morire, una sensazione terribile…”. Fabrizio tradisce una forte emozione quando ricorda quei momenti: “Nel 2006 ero già stato operato al cuore per cui rientravo nella categoria di persone a rischio contagio. Sarei uscito nuovamente vivo dall’ospedale? Una domanda che all’inizio del mio calvario mi facevo spesso” rammenta.

 

Ma torniamo in argomento e quei giorni d’ inizio marzo. “Avevo tanta stanchezza e forti dolori alle gambe e alla schiena. Poi mi pervase un senso di debolezza e per due giorni consecutivi dormii quasi ininterrottamente. Il 18, infine, dopo una notte con tosse forte e intensa mi ricoverarono

all’Ospedale di Bellinzona. Al 19 il trasferimento alla Carità di Locarno dove il 22 ero nel reparto cure intense: la respirazione era difficile, l’infezione batterica mi stava aggredendo”.

 

E allora ecco che il Covid-19 si manifesta in tutta la sua virulenza: “Quella che qualcuno aveva definito una febbre semplice, mi ha toccato i reni e anche il mio cuore, già operato in passato, accusava problemi. Con il tempo la situazione è precipitata. A partire dal funzionamento dei reni”.
 

Sul suo diario Sonia scrive: “Sarà lunga”.
 

Poi verso inizio aprile ecco che Fabrizio viene sottoposto ad una tracheostomia (i cui segni sono chiaramente visibili sul corpo del nostro interlocutore, ndr) .“Finalmente sembrava che le cose si mettessero al meglio e il 19 aprile c’è stata la prima videochiamata. Piangevo e ridevo nell’ascoltare la voce dei miei cari. Ho cercato di dire qualcosa ma l’unica parola che ho detto in modo chiaro era il nome di mia nipote Emma…” Fabrizio comincia a intravvedere la possibilità della guarigione. Il suo corpo ora reagisce ma le infezioni vanno e vengono. Poi quando si trovava alla clinica Hildebrand di Brissago due amici vanno a trovarlo: “Stavo meglio e riuscivo a reggermi sulle gambe. Un giorno ho pure ricevuto la “visita” di Giorgio e Gabriele. Mi mandavano i loro saluti dal posteggio ed io li contraccambiavo dalla finestra della mia stanza. Che emozione! Era il primo contatto vero con l’esterno”.
 

Gradatamente il paziente comincia a riprendersi. Poi però deve sottoporsi ad un intervento al Cardio Centro di Lugano. Il cuore fatica. Anche questa…“E`stata dura, perché credevo di aver visto la fine dei miei problemi. Moralmente fu difficile. Ma poi è andato bene anche quell’intervento…” Nel suo diario Sonia ha parole dolci per il marito: “ Il suo sguardo era pieno di amore per me. E di nuovo l’uomo che ho conosciuto e che ho sempre amato”.Per altro passeggere. Poi finalmente la volata verso la guarigione: il 7 giugno è fissato il ritorno a casa.
 

“Un grande sospiro di sollievo per tutti”dice Fabrizio, che si commuove quando gli parliamo degli oltre 300 morti ticinesi provocati dal Covid-19: “Non hanno avuto la mia stessa fortuna. Si vede che non era ancora giunta la mia ora…”L’intervista è ormai finita e Fabrizio ne approfitta per ringraziare gli amici, il personale sanitario e i più stretti famigliari: “Mia figlia, suo marito e le mie nipoti hanno accolto mia moglie Sonia per un mese e mezzo a casa loro. In quel periodo l’hanno aiutata e coccolata. Non lo dimenticherò mai”.

*Edizione del 14 giugno 2020


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