Sport, 19 ottobre 2020
1'000 spettatori sulle tribune: siamo alla resa dei conti?
La decisione presa dal Canton Berna potrebbe spingere altri cantoni a seguire l’esempio: l’esistenza stessa dei club risulterebbe a rischio
BERNA – In un clima sempre più del terrore, fatto di numeri (a volte non esattamente chiari), di futuro incerto e di un presente non limpido, la decisione presa domenica dal Canton Berna di limitare a 1'000 i posti a disposizione per assistere alle grandi manifestazioni – comprese quindi le partita di calcio e hockey – potrebbe sembrare una cosa da poco, ma in realtà potrebbe risultare un colpo tremendo allo sport professionistico nazionale.
Inutile nascondersi dietro a un dito: le squadre di hockey non avrebbero comunque voluto disputare i playoff, la scorsa primavera, a porte chiuse e hanno aspettato che giungesse il 1° ottobre per poter aprire le porte delle proprie piste a un numero quantomeno importante di spettatori prima di iniziare il campionato. Il motivo non era solo ed esattamente sportivo e di clima da vivere nelle arene, ma soprattutto economico: un conto è sopravvivere – cosa impossibile – con 1'000 spettatori a partita, un conto farlo – seppur con qualche problema – con il 30% degli spettatori.
Ecco perché ieri Berna, Langnau, Bienne e YB (anche il calcio, ovviamente è toccato da tale decisione) hanno alzato la voce, hanno mostrato le loro ragioni ed ecco perché anche tutti gli altri club professionistici hanno iniziato a tremare: il Consiglio Federale, infatti, non ha toccato il limite di presenza per le grandi manifestazioni, ma ha lasciato l’incombenza di poter decidere e cambiare (al ribasso) la quota del 30% ai vari Cantoni.

Se qualcuno, cosa possibile, dovesse seguire l’esempio del cantone capitolino – che, tra l’altro, non è neanche quello messo peggio in quanto a numeri di contagi – praticamente tutte le società rischierebbero davvero la bancarotta. E questo non significherebbe solamente che lo sport svizzero sarebbe in pericolo, ma che tante, tantissime persone, che non vediamo davanti alle telecamere, resterebbero senza lavoro. Insomma… un disastro economico e sociale.
Sono principalmente tre le questioni che vanno analizzate: come è possibile che in Svizzera interna fino ad ora si è fatto poco, pochissimo, per affrontare l’emergenza Covid (tutti ci ricordiamo come a Berna a marzo facevano fatica ad ascoltare le richieste del Ticino e come oltre Gottardo praticamente nessuno si sia mai preoccupato della situazione, tanto da fare feste in giro per le città e i paesi, senza l’uso delle mascherine!), come sia possibile intervenire sullo sport professionistico dopo che le società hanno speso quasi 500'000 franchi per poter mettere in sicurezza tutto e tutti all’interno degli impianti, dove infatti non si sono registrati contagi, rendendo il tutto vano e mettendo praticamente sul lastrico un settore che dà da lavorare a migliaia e migliaia di persone. E infine: è inaccettabile che a livello professionistico nazionale le regole non arrivino dal Consiglio federale, ma siano in mano ai singoli cantoni, creando ovviamente delle diversità da club a club.