Uno? Nessuno? Una quarantina! Il numero di persone che hanno segnalato di avere subito mobbing o molestie tra le mura della RSI sta di giorno in giorno aumentando. Il sindacato svizzero dei Mass Media sta raccogliendo ogni testimonianza, e sperando che non finisca tutto in un bel “volemose bene”,per colpire duramente gli autori di questi ignobili gesti. Modi di fare, tra l’altro, sempre additati (giustamente) dall’emittente di Comano. Non è la prima volta che emergono casi del genere, come spiega Renato Minoli, giornalista e sindacalista SSM, secondo il quale denunce di questo tipo “in passato ce n’erano già state, ma di solito le vittime sono molto restie a parlarne. E questo perché dopo la denuncia, non viene allontanato l’autore ma sono loro a subire conseguenze”.
E noi, di vittime, o presunte tali, ne abbiamo ascoltate due. Dai loro discorsi traspare che qualche cosa, nell’ingranaggio dell’informazione verso l’alto, alla direzione, qualcosa si è inceppato. Volontariamente? Non sta a noi dirlo o giudicare i fatti che ora sono nelle mani di chi di dovere. Ma potete trarre qualche conclusione leggendo quanto segue.
Ogni giorno apprezzamenti di serie… B
“Quando mi hanno detto che avrei potuto lavorare per la radio e televisione della Svizzera di lingua italiana non potevo crederci. Dopo tanti sacrifici ero arrivata dove volevo. Un sogno, ma che ben presto si è trasformato in una sorta di incubo”, ci svela X. (nome noto alla redazione). “Il mio superiore (chiamiamolo così) già dal primo giorno ha cominciato a fare apprezzamenti sul sorriso, sui miei occhi, sul ‘mio bel faccino’.
Man mano che le settimane passavano si è fatto più insistente: non si discuteva nemmeno più del mio lavoro, se era fatto bene o male, ma di uscire a cena. Questa era la sua unica preoccupazione: uscire a cena con me. Fino a quando siamo arrivati al giorno fatidico, dopo migliaia di commenti sul mio lato B, della pacca sulle chiappe”. Già, avete capito bene. “Io sono rimasta impietrita, non sapevo cosa fare e non ho detto nulla perché ho paura di rimanere a casa. Non voglio rinunciare a qualcosa che penso di meritare