Un’epoca straordinaria. “Allora non c’era praticamente nulla e la gente alla domenica andava alle partite non solo per motivi calcistici ma anche per aggregarsi. I più fortunati andavano al cinema, quelli che avevano soldi si recavano in Italia a fare shopping o a vedere l’Inter o il Milan”, spiega Angelo, deluso ed amareggiato per quanto sta succedendo alla squadra del cuore. “Non avrei mai pensato che si arrivasse al fallimento – afferma – Anche se va detto che negli ultimi sei o sette anni il club ha sempre navigato a vista, con l’arrivo di finanziatori o pseudo tali che non hanno mai convinto la piazza ed in particolare i tifosi. Quel che successo negli ultimi mesi è poi allucinante: le promesse non mantenute dal gruppo che avrebbe dovuto rilevare il Chiasso sono soltanto la punta dell’iceberg”.
E allora è meglio risalire sulla macchina del tempo e parlare del “suo” Chiasso, quello vero e non fasullo del 2022. “Nel pieno dello splendore rossoblù, sempre negli Anni Cinquanta, facevo il guardalinee delle partite delle “riserve”, che giocavano in anteprima alla prima squadra. Fu proprio in quelle occasioni che conobbi da vicino giocatori come Riva IV, Nessi, Chiesa e pure l’argentino Laurito, probabilmente il primo straniero in rossoblù. Ma la cosa che pochi sanno è che dalla vicina Italia arrivavano tantissimi tifosi, perché nel Chiasso giocavano anche calciatori italiani, fra i quali cito Noseda e Villa”. Del grande Puci, colui che segnò la prima rete della Svizzera nella partita di inaugurazione di Cornaredo contro l’Italia (anno 1951), conserva un bellissimo ricordo.“Oltre che un grande giocatore, uno dei migliori in campo nazionale, era anche un personaggio molto popolare a Chiasso. Lavorando nell’Azienda elettrica comunale era chiamato a controllare icontatori dell’elettricità ed aveva pertanto l’occasione di conoscere le persone e quindi di creare un entusiasmo indicibile per i colori rossoblù.
La gente andava allo stadio anche per questo: per vedere in azione quel signore che ogni tanto
suonava al campanello di casa”. Anni indimenticabili e certamente irripetibili.
“Ci conoscevamo tutti e dopo le partite ci si ritrovava nei bar del centro per parlare del Chiasso. Ma già la settimana precedente l’evento si scatenavano discussioni e polemiche nei vari ritrovi. Ho nostalgia di quei tempi e se penso che ora tutto questo non esiste più, mi assale la tristezza”. Angelo è particolarmente legato ad una figura che ha scritto la storia del Chiasso. “Si tratta di Aldo Binda.Giocatore, allenatore, dirigente. Quando il club aveva bisogno di lui, rispondeva presente! Senza se e senza ma. Amava il Chiasso profondamente. Persona gentile e bonaria, ha dato moltissimo alla società”.
Il nostro interlocutore ha parole dolci anche per coloro che sono arrivati in tempi più vicini. “Penso a Raffael, a Paquito, ai tecnici Schönwetter, Bordoli, Ponte ma anche al presidente Marco Grassi: vent’anni fa con un gruppo di giocatori locali più alcuni elementi stranieri di peso, sfiorammo la Super League!”. E poi i derby. Quelli con il Lugano erano i più sentiti. “Ne ricordo uno in particolare. Anno 1978, in maggio se non sbaglio. Partita spareggio per la promozione in Lega Nazionale A, dalla quale mancavamo da una vita. Alla fine decise un rigore contestato di Michaelsen. Chiasso in Serie A. In città si scatenò la festa. In quegli anni con noi giocò il campione del mondo José Altafini. E ogni qualvolta si andava nella Svizzera Interna, il club locale metteva la sua foto nella locandina dell’evento. Così, per cercare di attirare più pubblico!”.
Tornando per concludere ai giorni nostri: cosa si aspetta Angelo Fraschini nell’immediato futuro?
“Il Chiasso non deve morire. A costo di ripartire dalla Quinta Lega. Almeno lì si potrebbe ricreare l’atmosfera nostrana dei tempi andati. E io non mancherò ad ogni appuntamento. Nemmeno sui campetti di periferia”.
M.A.
“Ci conoscevamo tutti e dopo le partite ci si ritrovava nei bar del centro per parlare del Chiasso. Ma già la settimana precedente l’evento si scatenavano discussioni e polemiche nei vari ritrovi. Ho nostalgia di quei tempi e se penso che ora tutto questo non esiste più, mi assale la tristezza”. Angelo è particolarmente legato ad una figura che ha scritto la storia del Chiasso. “Si tratta di Aldo Binda.Giocatore, allenatore, dirigente. Quando il club aveva bisogno di lui, rispondeva presente! Senza se e senza ma. Amava il Chiasso profondamente. Persona gentile e bonaria, ha dato moltissimo alla società”.
Il nostro interlocutore ha parole dolci anche per coloro che sono arrivati in tempi più vicini. “Penso a Raffael, a Paquito, ai tecnici Schönwetter, Bordoli, Ponte ma anche al presidente Marco Grassi: vent’anni fa con un gruppo di giocatori locali più alcuni elementi stranieri di peso, sfiorammo la Super League!”. E poi i derby. Quelli con il Lugano erano i più sentiti. “Ne ricordo uno in particolare. Anno 1978, in maggio se non sbaglio. Partita spareggio per la promozione in Lega Nazionale A, dalla quale mancavamo da una vita. Alla fine decise un rigore contestato di Michaelsen. Chiasso in Serie A. In città si scatenò la festa. In quegli anni con noi giocò il campione del mondo José Altafini. E ogni qualvolta si andava nella Svizzera Interna, il club locale metteva la sua foto nella locandina dell’evento. Così, per cercare di attirare più pubblico!”.
Tornando per concludere ai giorni nostri: cosa si aspetta Angelo Fraschini nell’immediato futuro?
“Il Chiasso non deve morire. A costo di ripartire dalla Quinta Lega. Almeno lì si potrebbe ricreare l’atmosfera nostrana dei tempi andati. E io non mancherò ad ogni appuntamento. Nemmeno sui campetti di periferia”.
M.A.