Il Ramadan, ossia la festività religiosa islamica durante la quale per un mese è vietato mangiare e perfino bere dall’alba al tramonto, è considerato uno dei cinque pilastri dell’islam che ogni buon musulmano, a partire dall’età della pubertà (ossia all’incirca dai 7 anni), è tenuto a osservare. Non si tratta dunque di una libera scelta, ma di un obbligo religioso sancito nel corano (Sura 2, versetti 183-187). Tant’è vero che nei Paesi islamici chi non lo pratica pensando che non sia obbligatorio è considerato un apostata passibile della pena di morte. “In quanto a colui che non lo pratica per pigrizia, certi giuristi prevedono di ucciderlo, e altri prevedono di castigarlo e di incarcerarlo fino alla sua morte o al suo pentimento” : così scrive il grande esperto di islam dr. Sami Aldeeb, cittadino svizzero e cristiano di origini palestinesi (vincitore nel 2019 del premio “Swiss Stop Islamization”), nel suo interessantissimo libro “Comparazione fra norme svizzere e norme musulmane” che nel 2021 il movimento del Guastafeste aveva regalato ai dieci deputati ticinesi alle Camere federali, ai cinque Consiglieri di Stato e a una quindicina di giornalisti.
Un obbligo anticostituzionale
“Molti Paesi musulmani – si legge ancora nel libro – puniscono qualsiasi violazione pubblica del digiuno anche da parte di non musulmani” e in questi Paesi “gli orari a scuola e al lavoro sono alleggeriti e organizzati per soddisfare le esigenze religiose durante questo mese”. Ad esempio la giornata lavorativa si conclude verso le ore 15. Verrebbe da dire che ogni Paese è libero di fare cosa vuole in casa propria. Ma attenzione alla strisciante islamizzazione che ci tocca sempre più da vicino: “I musulmani – scrive Aldeeb – stanno cercando di imporre il digiuno del Ramadan ai loro correligionari anche in Occidente”. E magari un giorno, quando l’islam dominerà in Europa, anche noi miscredenti saremo puniti se violeremo in pubblico il digiuno…Per i fanatici islamisti che mirano a islamizzare il nostro continente cercando in primis di impedire l’integrazione dei musulmani nella nostra società, il Ramadan rappresenta un’occasione d’oro per applicare la sorveglianza e il controllo sociale sui musulmani, specialmente nei sempre più numerosi quartieri islamici che crescono come funghi nelle città europee, e per richiamare all’ordine e minacciare chi sgarra. Ma un tale obbligo non é accettabile neppure in nome della libertà di religione, in quanto esso cozza contro la Costituzione svizzera (art. 15 §4), la quale sancisce che “Nessuno può essere costretto ad aderire a una comunità religiosa o a farne parte, nonché a compiere un atto religioso o a seguire un insegnamento religioso”.
Problemi di sicurezza e produttività
Si sa che le regole totalitarie in vigore nell’islam (ossia la sharia) non concedono ai musulmani la libertà di scelta in nessun campo della loro vita, ed è quindi inutile attendersi che le autorità islamiche si decidano a uscire dal medioevo e a dichiarare che certe pratiche – come le cinque preghiere giornaliere rituali, o il porto del velo - non sono obbligatorie. Ma, per quanto riguarda il Ramadan, sarebbe il caso di cominciare a chiedersi se esso, a maggior ragione in caso di obbligo ma anche in caso di libera scelta, sia compatibile con le esigenze e l’organizzazione della società occidentale. In un articolo pubblicato nel 2018 sulla rivista BT (https://goo.gl/sK9SJU), l’allora ministra danese dell’immigrazione