Sport, 18 maggio 2023

Carlos Henrique Raposo il Kaiser dei truffatori

L’incredibile vicenda del calciatore che non giocò mai una partita ufficiale

LUGANO - Fra le tante storie, belle o brutte, che il calcio ha offerto da quando esiste, quella di Carlos Henrique Raposo, il calciatore che non giocò mai una partita ma firmò contratti importanti con alcuni club brasiliani, merita sicuramente di essere raccontata. Alcuni l’hanno definita un melodramma, altri una vicenda ridicola e assurda, altri ancora uno specchio dei nostri tempi (il riferimento è agli Anni Ottanta): di sicuro Kaiser, questo era il nomignolo che si era auto affibbiato, non è stato un personaggio qualsiasi o una personaggio da film fiabeschi. No, è stato tremendamente reale ed ha segnato un periodo in cui tutti i ragazzini, specialmente quelli brasiliani, volevano diventare dei calciatori. Anche lui sin da bambino coltivava il desiderio di seguire le orme dei suoi idoli: per esempio Tostao, punta centrale del Brasile campione del mondo nel 1970. O anche Carlos Alberto Torres. Fu proprio grazie all'amicizia di alcuni grandi campioni che riuscì a firmare dei contratti da calciatore professionista pur essendo sprovvisto di talento. La lista delle squadre beffate è piuttosto lunga: Puebla (Messico), Botafogo, Flamengo, Ajaccio (sì, anche in Europa!), Fluminense, Vasco da Gama, El Paso, Bangu, Guarany. Il tutto dal 1979 al 2000. Senza che nessuno mai si accorgesse del suo status di giocatore assolutamente scarso e improbabile. In tanti anni di presunta carriera è riuscito a trovare il modo di non scendere mai in campo; l’abilità stava nel saltare le partite ufficiali a causa di finti infortuni, pubalgie e altri problemi di salute inventati sul momento: per questo motivo è stato definito il più grande truffatore della storia del calcio. Il medico carioca Ebenezer Vidal, che lo aveva più volte aiutato, disse che “Carlos sapeva toccare le corde giuste di una persona per ottenere ciò che voleva. Per anni ho esaudito i suoi desideri, senza rendermi conto che era un pagliaccio. Non gliel’ho mai perdonata”.


Dopo essere tornato dal Messico, dove aveva preso per i fondelli i dirigenti del Puebla, Carlos Henrique nel 1983, fu ingaggiato dal Botafogo, ma il suo campionato terminò prestissimo a causa di un infortunio definito dalla stampa di allora misterioso. Non si vedeva mai al campo ma se qualcuno voleva trovarlo, bastava che passasse dalle parti di Copacabana: Kaiser era sempre accerchiato da belle donne in uno dei soliti baretti da spiaggia. Il giorno seguente trovava sempre il modo di infinocchiare i dirigenti che gli avevano messo alle calcagna una sorta di controllore per stanarlo. Nel 1985, con una cerimonia clamorosa, il Flamengo annunciò il suo ingaggio, strappato grazie ai buoni uffici di un ex compagno di squadra delle giovanili. “Sarò il compagno ideale di Bebeto!” disse agli attoniti giornalisti. Non scese mai una volta sul rettangolo da gioco. Dopo una stagione da infortunato, nel 1986 il neo-presidente del Fluminense (acerrimo rivale del Flamengo) Fabio Egypto gli fece sottoscrivere un ricco contratto. Inaudito: ancora oggi qualcuno si chiede: per ingenuità o incompetenza dirigenziale? Probabilmente per entrambe. Ma anche sul versante Flu fu un flop. In un anno (1987/1988) non sarà mai convocato. Nel 1989, per volontà presidenziale (Antonio Calçada), il Kaiser passò poi al Vasco da Gama, dove verrà snobbato dal tecnico Antonio Lopes, un vero e proprio sergente di ferro, che probabilmente capì di avere a che fare con un imbroglione. Diventò comunque amico di Djalminha, che sarà suo testimone di nozze nel 1992. E quello vascaino fu il suo ultimo contratto da professionista: aveva intuito la mal parata, meglio smettere. Planerà sui tornei regionali, dove si costruirà la fama di giocatore perennemente infortunato. Por favor!


Kaiser è diventato famoso soprattutto per le sue vicende extracalcistiche. Agli amici che lo avevano aiutato a costruire una carriera di cartapesta, procurava donne, cocaina e vetture a prezzi convenienti. E spesso faceva a botte dentro e fuori i locali notturni. Quasi sempre per proteggere qualcuno a cui voleva bene. Quando giocò nel Bangu, il cui proprietario era il noto mafioso Castor de Andrade, andava a riscuotere i debiti per il suo padrone, verso il quale nutriva un amore filiale. Ma il suo idolo resta ancora oggi Renato Gaucho (ex Roma e seleçao): “Voglio essere come lui”, ammise una certa volta il presunto calciatore. L’ex nazionale è l’unico amico che gli è rimasto. Carlos Henrique Raposo, che oggi lavora in una palestra di Rio de Janeiro, ha conosciuto anche i drammi della vita, perdendo le due mogli. Con la prima, anche il figlio. Dolori e sofferenza, sentimenti che però non lo hanno annientato.


“Sono ripartito da zero, in umiltà. Per diventare un uomo” affermò.

JACK PRAN

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