Argentina e Colombia si presentano al match decisivo in condizioni psicologiche contrapposte: alla squadra di Basile manca Maradona ma soprattutto mancano due punti per conquistare i Mondiali americani del 1994. Alla Colombia basta un pareggio. A Buenos Aires fa freddo, sembra una serata invernale: i biancocelesti hanno paura, conoscono la forza dei loro rivali. E in particolare l’estro dei suoi giocatori: i colombiani sono un po' come brasiliani, sono giocolieri nati anche se un po' indolenti. La storia ci racconta che dal 1962 al 1990 gli andini non partecipano ad un solo Mondiale. E un motivo ci sarà stato. Questa volta però, con Maturana in panchina, le cose cambiano. El profesor ha studiato calcio e conosce ogni dettaglio della tattica: costruisce una nazionale a sua immagine e somiglianza mentre Basile ha in mano una sorta di Armata Brancaleone. La differenza la potrebbe fare El Dies, Diego Maradona. Ma lui è assente. E contro quella Colombia non ci si può permettere di concedere un giocatore così. La notte del Monumental Nunez sembra predestinata ad un vero e proprio colpo di mano degli ospiti.
Dell’ Argentina, di quell’Argentina, faceva parte anche Diego Simeone, attuale allenatore dell’ Atletico Madrid. Al network ESPN recentemente ha raccontato la notte della vergogna: ”Nel primo tempo il portiere colombiano Cordoba fu bravissimo a neutralizzare almeno tre tentativi dei nostri attaccanti. Loro fecero poco o nulla. Noi dovevamo assolutamente vincere e col passare del tempo ci innervosimmo. Nella ripresa, quasi inevitabilmente, ci aprimmo e la Colombia ad ogni contropiede avrebbe potuto fare gol. Ci riusci cinque volte. Per noi fu un vero e proprio massacro. Ma quella esperienza mi aiutò, con gli anni, a capire cosa ci vuole per essere un vincente. Come giocatore ne uscii con le ossa rotte”.
Quel risultato cambiò di fatto anche la storia del calcio sudamericano. Sino al 3 settembre di 30 anni fa, Argentina-Colombia era una sfida fra le tante; in seguito è diventato un vero e proprio classico, soprattutto per gli argentini, smaniosi di prendersi la rivincita. “Ad ogni occasione, sia nelle eliminatorie o in partite amichevoli, gli argentini cercavano di restituirci il cappotto – disse Faustino Asprilla ai microfoni di Radio Caracol anni dopo – Sembravano indemoniati. La sete e la voglia di rivincita però non sempre aiuta e infatti nelle partite seguenti la Colombia è sempre uscita dalle sfide contro i biancocelesti a testa alta”.
E pensare che la nazionale di Alfio Basile era reduce dalla grande vittoria della Copa America disputata in Ecuador. Il 14 luglio di quello stesso anno (1993), in un altro Monumental, quello di Guayaquil, gli argentini sconfissero in finale il Messico (2-1) grazie ad una rete di Gabriel Batistuta nel finale. “Se penso che alcuni mesi dopo avremmo mangiato la polvere contro i colombiani mi vengono ancora oggi addossi i brividi – disse Re Leone ad un TV privata di Firenze – Non scorderò mai quella tremenda umiliazione”. Che notte, quella notte del 3 settembre del 1993: la notte della vergogna: que viva Colombia!
JACK PRAN