Una persona perbene, Simo, che abbiamo avuto modo di conoscere in modo più approfondito soltanto un anno fa, quando la malattia era tornata a fare capolino. Ma lui, indomito, sempre sorridente e positivo, non ha mai mollato di un centimetro: come ai tempi delle grandi sfide contro difensori arcigni e (pure) rognosi che incontrava ogni domenica suoi campi della Confederazione. Uomo del popolo, di origine ligure, era cresciuto con i genitori in Leventina, in un paese raramente baciato dal sole, e in cui ha vissuto a stretto contatto con la gente umile, con coloro che lavorano 10-12 ore al giorno per tirare avanti. Per questo non ha mai buttato niente, sia nella vita che nel calcio. “Ho conosciuto uomini e donne di grande spessore umano a Bodio e da ognuno di loro ho preso qualcosa” disse al nostro giornale, anche la grinta e la determinazione che gli permisero, in un giorno di aprile del 1968, di siglare la rete decisiva nella finalissima di Coppa Svizzera contro il Winterthur.
“In quella squadra giocavano tanti giocatori ticinesi, alcuni dei quali provenivano dal calcio regionale. Altri tempi? Sarà, oggi nel Lugano, salvo Bottani, non mi pare giochino altri calciatori nostrani ”raccontava durante un intervista radiofonica. E allora ricordiamolo quello squadrone: Prosperi, Egli, Indemini, Signorelli, Pullica, Coduri, Gottardi, Lusenti, Simonetti, Luttrop, Brenna (e Chiesa, entrato nella ripresa).
“Ormai siamo rimasti in pochi del Lugano di Louis Maurer ci dice Vincenzo Brenna, che di Simonetti fu compagno di squadra negli Anni Sessanta -Sapevo che Simo non stava bene da tempo e alla fine ha dovuto soccombere, lui che è sempre stato un combattente nato. Ciò gli derivava dalla sua appartenenza a quel piccolo mondo che era Bodio, paese di operai e di gente dura. A Lugano si è subito adattato, entrando molto bene nelle dinamiche della squadra. Andava d’accordo con tutti, solo con Luttrop ogni tanto aveva qualche battibecco. Ma con Atom non eradifficile litigare... ”.
Simonetti fu anche il protagonista della finale di Coppa del 1968. “Realizzò la rete decisiva. Simonetti, da vero bomber, si faceva sempre trovare pronto. Era un uomo d’area, forte di testa, faceva reparto, come si dice oggi. Peccato che ogni tanto finiva era in sovrappeso. Altrimenti avrebbe giocato in una squadra più prestigiosa ”.
Brenna accenna anche all’uomo Simonetti: “Una persona dal buon carattere, sempre sorridente, il compagno di squadra che tutti vorremmo avere. In campo cercava di mantenersi tranquillo, anche se non bisognava fargli perdere la pazienza ”.
Con Ernesto Indemini, altra leggenda calcistica bianconera e cantonale, Simonetti aveva tessuto una forte amicizia: per l’ex difensore bianconero la scomparsa del compagno di squadra è dura da digerire: “Negli ultimi tempi non stava bene, eppure cercava di non farlo notare agli amici. Ci sentivamo un paio di volte la settimana e ci ritrovavamo a cena con i vecchi compagni del Lugano di Maurer: era una sorta di rito a cui teneva moltissimo. Simonetti era piuttosto taciturno, ma quando si trattava di divertirsi non si tirava indietro ”.
M.A.