Ho chiaramente dei bellissimi ricordi. In particolare dei tifosi e dell’orgoglio che gli si leggeva nei loro occhi. Ma anche dei giocatori che si sono lasciati andare nei festeggiamenti, di Luca Cereda, Paolo Duca e del presidente Lombardi in lacrime nel ristorante della pista. Era giusto festeggiare. L’Ambrì è un club amato in tutta la Svizzera e molto seguito: ma non è che ha vinto molto, nella sua storia. E quello della Spengler Cup, checché se ne dica, rimane un trofeo prestigioso e difficile da conquistare.
Lei ormai è diventato il biografo ufficiale dei leventinesi e sulla Spengler 2022 ci ha pure scritto un libro. In poco tempo.
Con Brenno Canevascini e Sandro Regusci abbiamo confezionato sette pubblicazioni che raccontano del club. Loro sono più addentro alle statistiche, io nella storia. Senza dimenticare il compianto Plinio Gabuzzi e il suo meraviglioso “Il fascino della Valascia, per me il più bel libro sull’Ambrì-Piotta.
Il racconto di un’avventura, giorno dopo giorno. Immaginiamo con tante emozioni, dentro e fuori la pista.
Assolutamente sì. Davos è bella in quel periodo ed è come se richiamasse la passione per l’hockey. La Spengler ha da sempre esercitato un certo fascino. Esserci con l’HCAP in pista è però tutta un’altra cosa. Ho ancora negli occhi la primissima partita della prima edizione a cui l’Ambrì ha partecipato, prima del Covid. La pista tutta bianco e blu, i suoni, i canti, le sciarpe: pazzesco! Per non dire delle strade di Davos, con tantissime auto targate TI.
Un’occasione anche per socializzare e ritrovare vecchi amici.
Amici e anche fans che vedi senza conoscere. Come alla Valascia prima e alla Gottardo Arena ora. Vi sono persone che non conosco e con le quali non ho mai parlato ma che se le incontrassi in giro per il mondo mi sarebbero familiari grazie all’Ambrì Piotta.
Nel libro lei parla di impresa. Non è esagerato parlare di impresa? In fondo questo è un torneo amichevole…
Di amichevole c’è ben poco. Le squadre sono lì per vincere. Vi sono scout da tutto il mondo, agenti e addetti ai lavori. Senza dimenticare le dirette televisive, anche Oltre Oceano. Certo: non rientra tra i tornei ufficiali della IIHF, ma è il primo torneo per club mai organizzato al mondo e negli anni ha assunto un prestigio che va oltre la kermesse organizzata sotto Natale. Per non parlare del livello del gioco. Non ci sono squadrette, ma team importanti a rappresentare il Canada, la Svezia, la Finlandia, la Cechia, la Germania... Prima della guerra anche la Russia. Il Gotha dell’hockey mondiale. Infine, se vado a leggere il palmares delle squadre svizzere, alcune menzionano la partecipazione alla Spengler, evidenziando ad esempio la presenza alla finalissima, pur senza averla vinta. Quindi no: non è per nulla esagerato parlare di impresa.
Vincere qualcosa in Leventina non è abitudine. Però la Coppa Svizzera del 1962 e le coppe europee degli anni Novanta hanno un significato più importante della scorsa Spengler.
Tutte le vittorie contano e tutti i trofei sono importanti. Oggi c’è una competizione che va oltre all’aspetto sportivo: contano i soldi, il management, l’organizzazione. Persino gli sponsor e la struttura dove giochi. Vincere la
Coppa Svizzera nel 1962 per l’HC Ambrì-Piotta è stata un’impresa con la “I” maiuscola. Giocatori prevalentemente del luogo e non professionisti, piccolo club, pista aperta e per nulla negli standard delle patinoires cittadine. Insomma... Per quanto riguarda l’Europa, se pensiamo al contesto internazionale dell’hockey di quegli anni, essersi imposti nelle coppe europee a fine anni Novanta e contro squadroni tipo il Metallurg Magnotogorsk, anche in questo caso si può parlare di grande impresa.
Oggi è ancora più difficile. È aumentato il livello e la competitività. Imporsi in un torneo internazionale, seppur breve, è qualcosa di importante. Poi non dimentichiamo mai chi siamo e da dove veniamo. Sembra un mantra trito e ritrito, ma L’Ambri-Piotta rimane un miracolo sportivo che esula da tutti gli schemi dello sport moderno.
Tornando in argomento: nel suo libro si legge di una finale da … mezzogiorno di fuoco.
Si gioca a mezzogiorno e ho voluto anch’io parafrasare quel mezzogiorno di fuoco che ha entusiasmato milioni di cinefili e appassionati di western. Scherzi a parte: mi sono sempre chiesto anch’io del perché programmare una finale a quell’ora, inabituale per l’hockey. Considerando poi che l’ultima semifinale termina alle undici e oltre della sera prima. Vede, la Spenger è unica anche per questo...
Quali sono i momenti e i protagonisti che ricorda in modo particolare?
Dominic Zwerger che entra due volte sul ghiaccio a festeggiare prematuramente, con Luca alla transenna che lo invita a sedersi e gli dice “adesso stai fermo lì”. Poi lo speaker che annuncia il quinto rigorista: “Inti Pestoni!” e dopo qualche secondo il boato della pista. Davanti a me c’erano un signore anziano e una signora più giovane, forse sua figlia. Dopo il gol si sono voltati e ci siamo abbracciati. Sentivo la tipa piangere dalla gioia.
Pestoni che tira il rigore decisivo e segna è tanta roba.
Per un ragazzo di Ambrì, cresciuto a pochi metri dalla Valascia e a cui tutti vogliono bene, deve essere stata un’emozione indescrivibile. Lo è stata per tutti i fans, a cui Inti sta simpatico. In un certo senso rappresenta lo spirito del club: capace di tutto. Ma soprattutto (e permettetemi l’espressione) è capace di tirar fuori ciò che serve nel momento propizio, quando conta davvero farlo. Come l’Ambrì.
Anche Duca e Cereda al termine della finale lasciarono sfuggire tutte le loro emozioni. Belle scene.
Sì, certo. Erano sul ghiaccio a festeggiare con le rispettive famiglie. Ci metto anche Pauli Jaks e tutti i membri dello staff. La squadra è squadra con tutti. Poi alcuni scendono sul ghiaccio e altri preparano le lame dei pattini. Ma ogni tassello conta. Comprese le emozioni positive. Credo che aver vinto, per l’Ambrì-Piotta, significa che tutto questo è possibile, realistico. Ecco, secondo me, questo è il più importante insegnamento che ci ha dato la vittoria alla Spengler Cup.
Hanno suscitato scalpore i tifosi e la loro pacifica invasione della stazione invernale grigionese. Anche per questo gli organizzatori hanno deciso di richiamare i biancoblù.
Gli organizzatori, persone capaci e signorili, non potevano fare altro: abbiamo vinto il torneo! Comunque sì: anche per loro è positiva la massiccia presenza dei fans biancoblù. Ma questa presenza ha sempre contraddistinto il nostro club. Vantiamo una affluenza alla pista da quasi sempre “tutto esaurito”, indipendentemente dai risultati. Questo deve pur significare qualcosa.
BILL CASTELLI
Tornando in argomento: nel suo libro si legge di una finale da … mezzogiorno di fuoco.
Si gioca a mezzogiorno e ho voluto anch’io parafrasare quel mezzogiorno di fuoco che ha entusiasmato milioni di cinefili e appassionati di western. Scherzi a parte: mi sono sempre chiesto anch’io del perché programmare una finale a quell’ora, inabituale per l’hockey. Considerando poi che l’ultima semifinale termina alle undici e oltre della sera prima. Vede, la Spenger è unica anche per questo...
Quali sono i momenti e i protagonisti che ricorda in modo particolare?
Dominic Zwerger che entra due volte sul ghiaccio a festeggiare prematuramente, con Luca alla transenna che lo invita a sedersi e gli dice “adesso stai fermo lì”. Poi lo speaker che annuncia il quinto rigorista: “Inti Pestoni!” e dopo qualche secondo il boato della pista. Davanti a me c’erano un signore anziano e una signora più giovane, forse sua figlia. Dopo il gol si sono voltati e ci siamo abbracciati. Sentivo la tipa piangere dalla gioia.
Pestoni che tira il rigore decisivo e segna è tanta roba.
Per un ragazzo di Ambrì, cresciuto a pochi metri dalla Valascia e a cui tutti vogliono bene, deve essere stata un’emozione indescrivibile. Lo è stata per tutti i fans, a cui Inti sta simpatico. In un certo senso rappresenta lo spirito del club: capace di tutto. Ma soprattutto (e permettetemi l’espressione) è capace di tirar fuori ciò che serve nel momento propizio, quando conta davvero farlo. Come l’Ambrì.
Anche Duca e Cereda al termine della finale lasciarono sfuggire tutte le loro emozioni. Belle scene.
Sì, certo. Erano sul ghiaccio a festeggiare con le rispettive famiglie. Ci metto anche Pauli Jaks e tutti i membri dello staff. La squadra è squadra con tutti. Poi alcuni scendono sul ghiaccio e altri preparano le lame dei pattini. Ma ogni tassello conta. Comprese le emozioni positive. Credo che aver vinto, per l’Ambrì-Piotta, significa che tutto questo è possibile, realistico. Ecco, secondo me, questo è il più importante insegnamento che ci ha dato la vittoria alla Spengler Cup.
Hanno suscitato scalpore i tifosi e la loro pacifica invasione della stazione invernale grigionese. Anche per questo gli organizzatori hanno deciso di richiamare i biancoblù.
Gli organizzatori, persone capaci e signorili, non potevano fare altro: abbiamo vinto il torneo! Comunque sì: anche per loro è positiva la massiccia presenza dei fans biancoblù. Ma questa presenza ha sempre contraddistinto il nostro club. Vantiamo una affluenza alla pista da quasi sempre “tutto esaurito”, indipendentemente dai risultati. Questo deve pur significare qualcosa.
BILL CASTELLI